Era il 1955, quando il ricercatore inglese Nardiner S. Kapany realizzò un sistema per guidare la luce, formato da filamenti di vetro chiamati fibre ottiche. Il sistema si basa sulla proprietà della luce di propagarsi da un capo all’altro di un filamento di vetro. Si trasforma un impulso elettrico in impulso luminoso, questo viaggia non subendo interferenze elettriche, alla fine del “viaggio” la luce viene riconvertita in impulso elettrico. Le applicazioni sono nelle comunicazioni televisive, in quelle telefoniche e nella trasmissione di dati per computer. I vantaggi di questo sistema, rispetto ai tradizionali fili di rame, sono enormi:
le fibre ottiche hanno infatti dimensioni minori (per capirci del del diametro di un capello) e possono trasmettere un segnale a distanze maggiori dei normali cavi elettrici.
La sfida tecnologica sta nel produrre questi sottilissimi fili di fibra ottica con meno imperfezioni possibili, poiché queste influiscono sulla capacità di trasmettere dati. Per ovviare a questi inconvenienti nel 1975 un gruppo di ricercatori in Francia ha scoperto una miscela cento volte più trasparente del vetro di silice, chiamata (ZBLAN).
Come spesso accade nel processo tecnologico le sfide non finiscono mai, e nello specifico ci sono due nuove “barriere” da superare: la prima di ordine fisico, la gravità terrestre per la produzione di ZBLAN produce alcuni danni al materiale che influiscono sulle prestazioni delle fibre; la seconda di ordine economico infatti produrre un chilogrammo di fibra ottica costa circa un milione di dollari.
Sono trascorsi parecchi anni, ed ora due aziende americane, Made in Space e Fiber Optic Manufacturing in Space, hanno progettato una sorta di stampante 3D in grado di produrre le fibre ZBLAN sulla ISS (Stazione Spaziale Internazionale), rimuovendo le criticità della gravità terrestre, e parrebbe anche a costi più competitivi, tuttavia su questo ultimo aspetto come si dice “faremo i conti alla fine”, considerando che sono stati già sostenuti investimenti pari a circa 100 miliardi di dollari per la costruzione della Stazione Spaziale.
Il processo è stato avviato e FOMS prevede già entro la fine di quest’anno di avere un prototipo.
Le ricadute tecnologiche che potremmo usufruire in termini di qualità delle immagine, quantità e velocità dei dati arriveranno tramite i nostri televisori, cellulari e computer.
Queste novità ci suggeriscono che i fattori per delocalizzare non sono solo quelli fiscali ed economici e che il prossimo luogo è lo Spazio.