Expo 2015? #NonFinisceQui. Parola di Giacomo Biraghi.

Con la giornata di oggi, Expo 2015 chiude i battenti. Definitivamente. L’Esposizione Universale -predetta da moltissimi come il flop del secolo- ha raggiunto cifre impensabili anche per le previsioni più ottimiste: oltre 21 milioni di visitatori. Incredibile, se si pensa a cosa prevedevano giornali e televisione fino a qualche giorno prima dell’apertura. Eppure Milano ce l’ha fatta: i 54 padiglioni e i 9 cluster hanno accolto flussi di turisti da ogni parte del mondo e oltre 60 capi di stato. “Dietro questo ci sono Milano e l’Italia e un modello organizzativo nuovo pubblico-privato” ha detto il commissario unico Giuseppe Sala “spero valga anche per il dopo e ho un suggerimento da dare a chi se ne occuperà. Se non si fa un’operazione pubblico-privato non si parte nemmeno”. Ma che ne sarà del dopo? Che fine farà -da domani- lo spirito di Expo che ha avvolto Milano in questi mesi? Ne abbiamo parlato con un’expottimista per natura: Giacomo Biraghi, Digital e Media PR di Expo 2015, esperto di strategie urbane e co-founder di Secolo Urbano.giacomo-biraghi expo 2015 expottimismo nonfiniscequi expo2015 milanoDottor Biraghi, un bilancio complessivo di questa Expo 2015?

Sicuramente, in termini personali e professionali, più che positivo e di gran lunga maggiore delle aspettative. Non ci aspettavamo un risultato del genere, sia per numero di visitatori che di grado di apprezzamento. Abbiamo superato i 20 milioni di visitatori e il grado di gradimento è maggiore dell’80%. I sei mesi hanno portato un grande insegnamento: le battaglie più difficili premiano sempre.

Con l’Esposizione Universale,  Milano è cambiata radicalmente: è viva, c’è fermento culturale, voglia di fare e creare. Questo nuovo clima e l’#expottimismo che ci hanno accompagnato in questi mesi sono segni di una svolta definitiva per la città o sintomi di un cambiamento solo temporaneo?

L’idea è quella di continuare così. L’hashtag che stiamo lanciando è proprio questo: #nonfiniscequi. Penso che il cambiamento più grande sia stato quello a livello di percezione e storytelling della città. Il turismo a Milano si sta consolidando negli ultimi anni -siamo passati da 3 a oltre 10 milioni di visitatori- e il cambiamento fisico di Milano è iniziato nel 2000. Expo ha aiutato a raccontare il cambiamento strutturale italiano e io auspico che possa continuare anche dopo Expo. Ma l’Esposizione Universale non ha contribuito esclusivamente al cambiamento fisico: c’era già. Ha aiutato a raccontarlo agli occhi dell’estero, ma anche a quello degli italiani. Perché non finisca qui, dobbiamo vigilare tutti: noi cittadini privati, le istituzioni, i media.

La questione controversa ora è una: che fine farà l’area che ora ospita l’Esposizione Universale?

La verità è che non si sa ancora. Sicuramente verrà pulita e riportata allo stato in cui era prima che tutto iniziasse, fatta eccezione per alcune strutture. È un area ben collegata alla città e non c’è dubbio che sorgerà qualcosa che auspichi a un cambiamento. Aspettiamo il 10 Novembre notizie dal Presidente del Consiglio sugli esiti del futuro dell’area.

La cosa più incredibile che le è successa da quando è in Expo?

Essere un po’ il sindaco del Thruman Show! L’essere riconosciuto mentre camminavo tra Cardo e Decumano da persone sconosciute: il mix tra online e offline che è venuto a crearsi. Una community di persone che si sono riconosciute -e si riconoscono- anche nel mondo reale.

Cosa direbbe oggi, a questo punto, ai detrattori di Expo? 

Direi che il tempo dei no e delle polemiche è finito. Non è più glamour essere contro qualsiasi iniziativa. C’è voglia di festa e di riconoscersi in una PA che affianca e supporta il cambiamento.