“Credo che un reddito per chi è povero e un assegno di disoccupazione siano strumenti necessari per un paese come il nostro”, la risposta del dirigente d’azienda, economista italiano, Innocenzo Cipolletta, alla domanda a cui tutti cercano responso. Il suo, un nome che non ha bisogno di presentazioni; il successo alla guida di Ferrovie dello Stato, la dirigenza generale in Confindustria, l’attuale presidenza di Assonime e precedentemente del Sole 24 ORE, rendono il nostro intervistato una delle voci più autorevoli in materia di crescita e sviluppo economico del nostro Paese. I temi più dibattuti come flat tax, deficit al 2%, reddito di cittadinanza, rapporto con UE, e così via, hanno trovato un feedback estremamente influente, nient’altro che proveniente dal bagaglio culturale intriso di esperienza del dott. Cipolletta.
La politica fiscale è uno dei cavalli di battaglia di Assonime di cui lei è Presidente: che cosa pensa l’Associazione della flat tax?
Bisogna, innanzi tutto, avere a mente la stabilità dei conti pubblici. Se la flat tax implicasse un maggior disavanzo pubblico essa finirebbe per avere costi, in termini di un aumento dei tassi di interesse, maggiori degli eventuali benefici. Questo perché non credo che una flat tax possa generare una tale crescita dell’economia da finanziare le minori entrate. E anche se alla lunga generasse una maggiore crescita, tale maggiore crescita ipotetica verrebbe di fatto annullata dall’immediato aumento dei tassi di interesse per il peso esorbitante del debito pubblico. Ritengo poi che una qualche progressività sia necessaria in un paese che ha forti diseguaglianze di reddito e di patrimonio.
Basterà portare il deficit al 2% per evitare la procedura di infrazione o M5S e Lega dovranno per forza di cose ridimensionare i loro cavalli di battaglia, quota 100 e reddito di cittadinanza?
Si sta discutendo in questi giorni se basterà abbassare di poco il disavanzo per evitare la procedura di infrazione. Ma al di là del disavanzo pubblico, è da sottolineare come gli impegni europei non riguardino solo il saldo di bilancio del 2019, ma la proiezione triennale della spesa pubblica e la qualità degli interventi come capacità di controllare la spesa pubblica in modo strutturale. In questo senso, la misura più devastante prevista nella legge di stabilità italiana è quella che riforma la legge Fornero sulle pensioni, introducendo quota 100. Se anche nel 2019 la spesa per questo provvedimento fosse minima perché si iniziasse tardi nell’anno, essa finirebbe comunque per generare nel tempo una crescita della spesa pensionistica che il paese non può sopportare e quindi finirebbe per minare strutturalmente la nostra capacità di controllo delle finanze pubbliche.
Ha dichiarato che il permanere della crisi finanziaria ha portato al riaffiorare di nazionalismi e di egoismi nazionali impedendo la risoluzione effettiva. Quindi vi è una strumentalizzazione del problema da parte della politica? Non si può ignorare l’ondata di movimenti sovranisti in Europa.
Sicuramente la crisi prolungata è un fattore che ha generato risentimenti e disagi forti che in parte si sono trasformati in forme di nazionalismo, specie da parte di chi ha attribuito all’Europa e al contesto mondiale le ragioni delle nostre difficoltà economiche. Questo non giustifica, a mio avviso, il ritorno a nazionalismi che non producono altro che illusioni e successive situazioni di maggior disagio, come la storia ci insegna. Proprio per questo ritengo che l’Europa avrebbe dovuto farsi carico di maggiori politiche comuni per alleviare i disagi. Il Ministro Padoan aveva proposto di istituire un assegno di disoccupazione a livello europeo per affrontare i disagi delle ristrutturazioni in corso e io credo che sarebbe stata una buona idea.
Il Movimento 5 Stelle sostiene che l’introduzione del reddito di cittadinanza darà una forte spinta alla crescita. Lei cosa ne pensa?
Credo che un reddito per chi è povero e un assegno di disoccupazione (non sono la stessa cosa), siano strumenti necessari per un paese come il nostro. Tali misure allevierebbero il disagio e avrebbero un qualche effetto di sostegno alla domanda interna, anche se credo che sia esagerato considerare tali interventi come misure di carattere espansivo, anche perché buona parte di questa domanda aggiuntiva finirà per favorire le importazioni.
Che cosa si può fare per accelerare la ripresa economica e renderla più consistente?
Due cose sono fondamentali in questo momento. La prima e più urgente è quella di far scendere lo spread e quindi riportare i tassi di interesse ai livelli di un anno fa. Questo metterebbe a riparo le banche da rischi patrimoniali e farebbe rifluire il credito alle imprese, generando una maggiore fiducia interna e internazionale. La seconda misura è quella del rilancio delle infrastrutture, cominciando dal non bloccare quelle in fase di realizzazione. Poi, certo, anche il reddito di cittadinanza può aiutare, come detto in precedenza.
Pensando al processo di integrazione e all’Europa negli ultimi 15 anni secondo lei quali sono le colpe dell’Italia?
L’Italia ha tardato il suo riequilibrio fiscale accumulando un debito pubblico eccessivo e questo ha finito per condizionare tutte le nostre politiche ed ha deteriorato il rapporto con la UE. Deterioratosi il rapporto, l’Italia ha finito per assentarsi dalla costruzione di politiche e regole europee, finendo per subirle, ciò che ci ha portati a infrangere altre regole da noi stessi approvate (vedere i casi del bail-in o quelli dell’accordo di Dublino sull’immigrazione). L’Italia deve riprendere a partecipare a pieno alla vita europea e per questo, anche per questo, deve mettere a posto i suoi conti pubblici.
Tra i suoi numerosissimi e prestigiosi incarichi ricordiamo la Presidenza delle Ferrovie dello Stato dal 2006 al 2010. L’esecuzione di un grande piano di spesa infrastrutturale che genere di impatto può avere sull’economia di un paese?
Le Ferrovie italiane sono state il motore della crescita degli ultimi anni, sia attraverso la realizzazione della ferrovia ad alta velocità, sia con il servizio dei treni che ha rivoluzionato il sistema dei trasporti nel nostro paese. I paesi crescono se hanno piani di sviluppo lunghi nel tempo e l’Alta Velocità ne è stato un esempio, con la costruzione di nuove stazioni e lo sviluppo di nuovi quartieri in molte città italiane. Io credo l’Italia abbia bisogno di paini di interventi strutturali lunghi nel tempo: per la difesa del territorio dalle intemperie e dai terremoti, per l’inquinamento, per la gestione dei rifiuti, per l’approvvigionamento idrico, per il decoro urbano. Tutti progetti che andrebbero avviati e condotti nel corso degli anni futuri senza che ci siano i tanti e continui ripensamenti che generano ritardi e costi aggiuntivi. Se si avviassero questi progetti, potremmo avere un paese migliore e una crescita maggiore.