Era il 2000 quando Time Warner, proprietaria della famosa rivista Time, si fuse con AOL, società di internet-service, per sperimentare una diversa “arrampicata” nel settore dell’editoria-comunicazione, attraverso internet. La crisi del settore della carta stampata si era già, da qualche tempo, palesata e fare giornalismo nella rete aveva cambiato i paradigmi: per i giornali tradizionali l’elemento dominante era la capacità di approfondire e far capire un fatto; mentre per i giornali digitali l’elemento importante era la velocità. Era cambiato il modo di fruire l’informazione, tuttavia rimaneva intatto il desiderio dei lettori di leggere articoli di qualità. Alcuni anni dopo, nel 2014, l’esperimento non aveva funzionato e la rivista Time fu separata dalla casa madre Time Warner, e, in seguito, venne venduta per 2,8 miliardi di dollari al gruppo Meridith, con testate come Sports Illustrated, Fortune e Money. Evidentemente, anche in quest’occasione, le cose non sono andate per il verso giusto, visto che, in questi giorni, la rivista Time è stata acquistata per soli 190 milioni di dollari da Marc Benioff e sua moglie Lynne a titolo personale utilizzando una piccola parte del loro patrimonio privato di 6,5 miliardi di dollari.
Marc Benioff è un personaggio della Silicon Valley, fondatore di Salesforce (quote: CRM), società leader di software e cloud computing, con una capitalizzazione di circa 120 miliardi di dollari. Non è il primo dei nuovi miliardari californiani che puntano parte dei loro capitali sul settore dell’informazione, infatti nel 2013, era stato preceduto da Jeff Bezos (Amazon) che investì 250 milioni di dollari per acquistare il Washington Post; nel 2017 anche la vedova di Steve Jobs aveva comprato la maggioranza del mensile cartaceo The Atlantic. Recentemente, all’inizio del 2018, Patrick Soon-Shiong, CEO of the Chan Soon-Shiong Institute for Advanced Health, ha investito 500 milioni di dollari per il quotidiano Los Angeles Time.
Quali sono le motivazioni che spingono questi magnati della Silicon Valley ad avventurarsi in questo settore?
Il tema è affascinante, probabilmente, possiamo immaginare che la scommessa sia di come una testata editoriale possa essere ripensata, e non solo ridisegnata, mantenendo la propria identità.
Il Time ha una lunga storia che era iniziata nel 1923 da due laureati di Yale, per poi divenire un’icona del giornalismo con le sue celebri copertine e l’imperdibile numero di fine anno dove era designato “il personaggio dell’anno”, quello del 2017 sono le donne del movimento #MeToo. L’anima di un giornale si forma dall’interazione tra i valori dell’editore-giornalisti e quelli dei lettori, è un processo in continua evoluzione: a ogni uscita il giornale (cartaceo o digitale) muore per rinascere dalla “proprie ceneri” pochi istanti dopo, rinnovato. E’ proprio vero il detto: il giornalismo è morto, viva il giornalismo.
Fare giornali non significano più solo fare i giornalisti, il Washington Post di Jeff Besoz ha assunto nuove figure tecniche, web analyst, big data analyst, video editor e programmatori che lavorano affianco ai giornalisti. La società Boston Consulting Group considera che oltre il 50% di tutti i contenuti saranno rappresentati dai video. La notizia giornalistica diviene relazione sociale e scambio tra individui: l’informazione non è più solo un servizio culturale per conoscere i comportamenti delle istituzioni o dei nostri simili, ma diventa “messaggio” attraverso il quale si organizza la vita. Il Washington Post di Besoz ha interpretato questi cambiamenti decidendo la diffusione su varie piattaforme ed ha sviluppato sessanta newsletter per distribuire contenuti ai vari utenti, ma soprattutto ha innovato capendo “lo spirito dei tempi”, e il risultati sono arrivati con un raddoppiato degli abbonamenti. Come ricorda la saggezza orientale del titolo se vogliamo fare esperienza di qualcosa di nuovo, dobbiamo alzarci e “scalare nuovamente la montagna” magari con attrezzi diversi: in sostanza la “montagna” da scalare è sempre la stessa, cioè produrre un buon giornalismo, senza avventurarsi in 100 imprese diverse.