Fondo Atlante: Pro e Contro di un Progetto che (Forse) Risolleverà il Sistema Bancario italiano

fondo atlante

Atlante, come il dio che reggeva su di sé il peso della volta celeste. Sarà questo il fondo di investimento che tenterà di rimediare all’attuale situazione del sistema bancario nazionale, sostenendo gli aumenti di capitale di alcuni istituti e acquistando i loro crediti deteriorati.

Si è conclusa lo scorso 28 Aprile la trance di finanziamento del Fondo Atlante, presieduto da Alessandro Penati.

Un fondo di investimento promosso da Qaestio Capital Management SGR che ha raccolto 4,249 miliardi di euro, con principali sottoscrittori Intesa San Paolo, Unicredit, la Cassa Depositi e Prestiti, numerosi altri istituti di credito e società assicurative.

Nato soltanto una quindicina di giorni prima della sua chiusura, il fondo avrà una durata di 5 anni, più 3 rinnovabili di anno in anno.

E’ ormai da diverso tempo che molte banche italiane sono “sottocapitalizzate”, hanno troppe poche risorse proprie rispetto ai prestiti e agli altri impegni da loro erogati. Per questo motivo vengono valutate poco solide e stabili. Un rimedio a questa situazione è che emettano nuove azioni sul mercato, ricorrendo all’ aumento di capitale. Tuttavia i mercati non sempre sono interessati ad acquistare azioni di questi istituti che navigano in brutte acque.

Il fondo Atlante si propone quindi come possibile soluzione a questa condizione attuale. Il suo obiettivo è provvedere all’aumento di capitale delle banche nazionali in difficoltà e rilevare i crediti in sofferenza (detti “non performing loans, n.p.l.”) degli istituti bancari che ne necessitano.

Le prime operazioni che il fondo dovrà affrontare saranno l’aumento di capitale di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza.

Il principale aspetto positivo di Atlante è il ripristino della fiducia nel sistema bancario italiano, da tempo compromessa a seguito dei primi bail-in. La mancanza di sottoscrittori di questi aumenti di capitale porta con sé il rischio che la banca garante dell’operazione debba sottoscrivere lei stessa l’aumento in quanto incaricata di provvedere al piazzamento dei titoli, rischiando quindi di dover inglobare l’istituto di credito in difficoltà.

Il fondo Atlante ha infatti evitato che Unicredit, garante della Popolare di Vicenza, la incorporasse. Ciò ha permesso di non abbassare i coefficienti patrimoniali di Unicredit sotto la soglia minima consentita, cosa che sarebbe molto probabilmente avvenuta in seguito all’acquisizione forzata dell’istituto vicentino. Questa soluzione, anche se provvisoria, ha fatto crescere la fiducia dei mercati sulle banche italiane.

Le criticità del Fondo Atlante

Ma c’è ancora qualcosa di questo progetto che non convince: la dimensione del fondo non è sufficiente ad assorbire tutti gli aumenti di capitale e i n.p.l. in eccesso nel sistema. Per dare delle misure indicative, ci sono circa 200 miliardi di n.p.l. a livello di sistema bancario, che diventano 83 miliardi al netto degli accantonamenti, cioè il doppio dei livelli pre-crisi.

E forse il problema più grosso è che se si aumenta l’interdipendenza tra le banche italiane. Quelle più solide, proponendosi come sottoscrittrici del fondo, si espongono al rischio di indebolire la loro posizione.

Insomma, il fondo Atlante è un passo importante per stabilizzare il sistema bancario nazionale, che oggi fatica principalmente sulla componente fiduciaria, ma non è una soluzione definitiva ad un arduo problema sviluppatosi nei diversi anni di crisi economica.

Matteo Borgonovo e Andrea Colella

per Liveconomy (Università Cattolica del Sacro Cuore)