Più di 75 anni fa, in tutti gli Stati Americani se un uomo decideva di aggirarsi per una spiaggia senza maglietta stava di fatto commettendo un atto illegale. Proteste, scontri e arresti furono le tre tappe fondamentali attraverso cui nel 1936 gli uomini ottennero il riconoscimento del diritto al topless. 75 anni più tardi, sono 35 gli Stati americani in cui ad una donna non è riconosciuto lo stesso diritto e in ben 5 di questi anche l’allattamento in pubblico è ancora un atto punibile con l’arresto.
“Free the nipples” ( liberare il capezzolo) è il movimento mondiale che lotta affinché alle donne sia riconosciuto il diritto, al pari di qualsiasi uomo, di camminare per le strade in topless senza correre il rischio di essere arrestate. Nasce nel 2012 dalla volontà di Lina Esco, una giovane film maker, la quale ha dichiarato al sito americano di news RYOT: “ Il capezzolo è la prima cosa che vediamo quando nasciamo. Ci nutre. Quando è diventato una cosa così cattiva? Quando è diventato un crimine?”.
Un movimento che dunque tenta di conquistare un nuovo traguardo all’interno della lotta di genere e che ha acquisito un rinnovata popolarità negli ultimi mesi dopo che Scout Willis, figlia di Bruce Willis e Demi Moore, ha camminato per le strade di New York totalmente priva di maglietta e reggiseno dopo che il social network Instagram ha censurato una foto in cui la ragazza mostrava i propri capezzoli. Lo stesso social network ha anche censurato il suo avatar raffigurante la copertina di una rivista europea ritraente il petto nudo della cantante Rihanna. Ciò che Scout Willis rivendica non pare essere il capriccio di una ragazzina viziata cresciuta sotto i riflettori di Hollywood, quanto piuttosto l’espressione di un’esigenza reale e concreta che caratterizza la società americana moderna la quale non è più disposta a tollerare che il conservatorismo continui a voler categorizzare sul web come abuso ciò che in realtà è concesso dallo Stato di New York.
Il movimento ha ricevuto anche moltissimi endorsement celebri: dalla topmodel Cara Delevingne, all’attrice americana Michelle Rodriguez, passando per la modella e attrice inglese Suki Waterhouse per poi arrivare alla tanto contestata Miley Cyrus.
Scout Willis non è stata però l’unica vittima della censura 2.0. Anche la squadra di canottaggio femminile della Warwick University, si è vista infatti censurare dal social network Facebook la propria pagina creata per promuovere il calendario 2015 che la squadra ha deciso di produrre a scopo benefico, nonostante nessuna delle fotografie scattate possa essere categorizzata come immagine pornografica. Lo stesso trattamento non è stato però riservato ai giocatori della squadra maschile i quali dal 2009 ogni anno promuovono senza problemi sul social network il proprio calendario.
La vicenda sembra assumere così più i contorni della lotta di genere che non quelli della semplice rivolta femminista. Da più parti si rivendica infatti la necessità di porre fine alla discriminazione tutt’oggi esistente tra il corpo di una donna e quello di uomo. Rimane fermo il fatto che il pudore e la tutela dei minori online non debbano essere trascurati nel dibattito. Ciò che è certo però è che la nudità, sia essa femminile o maschile, non possa più essere considerata come pornografica in sé e per sé e che sia necessario a questo punto, in linea con i cambiamenti culturali degli ultimi anni, porre fine a questa eterna discriminazione di genere individuando un criterio di censura che sia omogeneo per tutti.