“La scienza senza la religione è zoppa. La religione senza la scienza è cieca” diceva in un celebre aforisma Albert Enstein. Citazione che vale ancora ai giorni nostri. Basta leggere i dati di una ricerca condotta dalla Rice University di Houston, presentata durante una conferenza nella stessa università e condotta su circa 10mila fisici e biologi di 8 paesi del mondo.
Secondo lo studio la percentuale maggiore di ricercatori che si dicono religiosi è in Turchia (85%), seguita da India (79%) e Taiwan (74%). Quindi c’è l’Italia, con il 57%, seguita da Hong Kong, Usa, Regno Unito e Francia, fanalino di coda del campione con il 24%.
Se si guarda a quanto i ricercatori partecipano alle funzioni religiose almeno una volta al mese, la Turchia scende al 33% e l’Italia diventa terza con il 27%. In tutti i Paesi presi in esame la percentuale di ricercatori religiosi è inferiore a quella della popolazione generale. “Solo una piccola minoranza di ricercatori in ogni contesto regionale pensa che scienza e religione siano in conflitto”, afferma Howard Ecklund, uno degli autori della ricerca. “In Gran Bretagna, ad esempio, uno dei Paesi più secolari, solo il 32% del campione ne è convinto. Per molti invece – conclude – la religione può fornire un supporto etico nelle zone grigie della ricerca”.