Google Maps è la Nuova Frontiera delle Proteste Non Violente?

Enrique pena nieto

Nuove forme di protesta non violenta si fanno largo nell’impero di Google. La funzione di Google Maps che permette di rinominare i luoghi sta diventando il canale di comunicazione del dissenso nei confronti della politica.

Lo scorso anno in Messico un utente ha taggato la villa da 7 milioni di dollari della First Lady come “Museo della Corruzione”. Il 26 novembre la Trump Tower, il palazzo dei tycoon sulla Fifth Avenue di Manhattan, è stata rinominata “Dump Tower” (lett. “Torre della Discarica”).

mapsL’episodio più recente si registra sempre in Messico: alla residenza del Presidente Enrique Peña Nieto, più comunemente nota come Los Pinos. Nelle mappe, infatti, si legge “Residenza Ufficiale della Corruzione”, “Congresso Deplorevole” per l’edificio che ospita il Congresso messicano e “Rat Chamber” al palazzo del Senato.

Google è intervenuto tempestivamente affermando che il “rebranding” delle istituzioni politiche messicane, opera di un utente ironico, era stato ripristinato. Inoltre, un portavoce del celebre motore di ricerca ha dichiarato che la funzione di Google Maps è nata al fine di rendere più veloce ed efficiente la mappatura del globo. I suoi utenti, infatti, hanno aggiunto posti mai mappati prima, nuovi business, o aggiornato l’indirizzario. Il portavoce continua:

L’”incedente” de Los Pinos, tuttavia, non è un semplice scherzo. Si tratta di una vera e propria forma di protesta causata dall’aumento del prezzo del gas.

protesta-gasolinazoIn Messico è conosciuto come el gasolinazo e ha scatenato numerose proteste per le strade: i dimostranti hanno invaso decine di stazioni di rifornimento e saccheggiato barbaramente alcuni supermercati. La violenza è stata sfogata anche sul Web, dove gli hashtag e i memes contro il Presidente hanno scatenato una bufera mediatica.

L’astio del popolo messicano nei confronti del suo Presidente ha origine nelle promesse di Enrique Peña Nieto di ridurre le frequenti impicchiate dei prezzi grazie alla sua politica finanziaria e alle sue riforme in materia energetica.

Promesse che non sono state mantenute e hanno trovato un alibi fortissimo nel collasso globale del prezzo del petrolio, che ha ritardato inevitabilmente l’apertura del Messico al settore energetico. Inevitabile come la preoccupazione di alcuni analisti, secondo i quali el gasolinazo può contribuire al peggioramento dell’inflazione messicana.

Sembra proprio che Google Maps possa diventare un ottimo canale mediatico per portare avanti le proteste in modo non violento. Il navigatore di Google può funzionare anche da cassa di risonanza per tutte quelle voci che non trovano spazio nei media classici. Sarà difficile per il quartier generale californiano tenere sotto controllo questo fenomeno dilagante, ma soprattutto l’ira delle istituzioni politiche.