L’economia sta bene, senza dilungarci in troppe chiacchiere, basta guardare il grafico sottostante degli ultimi dieci anni dell’area Euro e Stati Uniti.
Tuttavia, sta per finire una fase economica guidata, globalmente, dalle politiche di espansione monetaria delle banche centrali. Potremmo spingerci a dire che, negli ultimi dieci anni, alla guida della “macchina produttiva” c’erano i banchieri centrali e come co-piloti (silenti !) i decisori della politica economica; poi sono successi dei fatti, l’elezione a Presidente degli Stati Uniti di D. Trump, la Brexit, e nel frattempo in Europa? Ho trovato nelle parole di una canzone di Bob Dylan la migliore sintesi dello “spirito del tempo” che stiamo vivendo:
“Là fuori sta infuriando una battaglia e presto scuoterà le vostre finestre e farà tremare i vostri muri perché i tempi stanno cambiando”.
TRUMP: “America first”, la traduzione significa la fine della politica di “Globalizzazione” perché i risultati, dopo quasi 20 anni, sono una società sempre più diseguale e polarizzata. Non funzione così né a livello sociale, e tanto meno per l’economia. Da uno studio dell’Università di Harvard condotto dal Prof. Alberto Alesina insieme a Stefanie Stantcheva e Edoardo Teso risulta che uno statunitense nato in una famiglia appartenente al 20% più povero del paese ha il 7,8% delle probabilità di raggiungere da adulto il 20% più ricco. (Basti dire che l’Italia è posizionata meglio, con il 10% delle probabilità). Dove è finito “American dream”?
La Bilancia commerciale (Esportazioni – importazioni) americana è in deficit di 570 miliardi di dollari, allora si inizia ad utilizzare strumenti di politica economica come i dazi dal 10 al 25% sull’acciaio e alluminio verso le importazioni dalla Cina, Canada ed Europa.
Il territorio ha bisogno di manutenzione con un piano di infrastrutture di migliaia di miliardi di dollari. Sul piano fiscale si procede con la riduzione delle tasse (una versione della “Flat Tax”). Non è questa l’occasione per discutere sui i giudizi, ma un solo commento : “il vento sta cambiando”.
BREXIT: L’uscita dell’Inghilterra dal mercato dell’Unione Europea cambierà molte cose per il bilancio europeo e per la Germania, visto che il mercato inglese vale circa 50 miliardi di surplus commerciale. Il dibattito nel parlamento inglese è ancora molto acceso tra le posizioni “hard” di Boris Johnson e quelle più “soft” di Philip Hammond, tuttavia Theresa May è decisa a riprendere il controllo della moneta, dei confini, a tutelare l’occupazione e infine a rafforzare il ruolo del Regno Unito come un player internazionale. Anche in questo caso per ora ci asteniamo da giudizi tuttavia un solo commento: “il vento sta cambiando”.
EUROPA: i leader europei sanno proporsi solo come garanti della stabilità: segno evidente che le cose vanno veramente male. In assenza di progetti, di voglia di reagire e di assumersi la responsabilità di cambiamenti, Mario Draghi ha dovuto entrare in campo nel suo ruolo di Governatore della Banca Centrale Europea facendo “tutto il possibile” (alcune recenti analisi economiche -monetarie affermano anche spingendo il QE oltre i limiti). Stanno arrivando cambiamenti su questo fronte, infatti dal 1 Giugno 2018 Luis Guidos, attuale ministro delle finanze spagnolo, ricoprirà il ruolo di vicepresidente della BCE, aprendo la possibilità nel 2019, secondo molte opinioni, alla Presidenza della Banca Centrale Europea da parte di Jens Weidmann, attuale capo della Bundesbank. In questa occasione ci asteniamo da giudizi ma anche da commenti, mentre lanciamo un vigoroso AVVISO AI NAVIGANTI: ”il vento fuori è cambiato”.
Quando leggerete questo articolo si conosceranno anche i risultati delle votazioni in Italia, sono convinto che rimarrete sopresi, alcuni fiduciosi altri preoccupati, allora ciascuno deciderà come riposizionare il proprio portafoglio. Unico consiglio: “qualsiasi cosa farete … fatelo con delicatezza”.