Non più gli Stati Uniti e l’Europa, ma l’Africa. Coca Cola sposta i suoi obiettivi e mette nel mirino il continente nero. Le vendite in America stanno rallentando: nel periodo che va dal 1998 al 2015, il consumo pro capite di soda è sceso del 25%. Meglio trovare nuovi mercati. E così ecco l’Africa.
Nel 2014, Coca Cola, ha detto che avrebbe investito 17 miliardi di dollari nel continente nel decennio 2010-2020, cifra triplicata rispetto all’importo speso nel decennio precedente. Inoltre lo scorso gennaio, la compagnia ha annunciato la più grande acquisizione dal 2012: è stato infatti comprato il 40% del TGI Chi Ltd, il più grande produttore di succo in Nigeria che detiene tra i suoi marchi bevande come Chivita 100% e Chi Ice Tea. Coca Cola ha intenzione di comprare il restante delle quote entro i prossimi tre anni.
“Siamo ottimisti circa la crescita economica e sociale del continente africano – fa sapere Kelvin Balogun, presidente del settore Centro, Est e Ovest dell’Africa per Coca Cola – E’ importante per noi anticipare le tendenze e assecondare i gusti dei consumatori. Per questo abbiamo deciso di ampliare il nostro portafoglio con l’acquisizione di nuovi prodotti”.
Il mercato africano è florido. Basti pensare che nel terzo trimestre SABMiller – uno dei marchi di Coca Cola – ha registrato una crescita di bevande analcoliche del 13% in Africa, con un aumento del 21% nel solo Sud Africa.
Coca Cola sta puntando molto sulla commercializzazione di bevande locali come Sparletta Stoney Tangawizi e Krest Bitter Lemon. Sono marchi artigianali difficili da trovare in altre parte del mondo.
“Il tasso di crescita in Africa – spiega il Ceo di Coca Cola Muhtar Kent alla Cnn – è superiore a quello occidentale. Il continente africano, nel breve periodo, diventerà uno dei mercati principali dell’azienda”.
Non solo bevande verranno vendute in Africa. Ma anche prodotti come snack e latticini. E’ anche in questa chiave che va letta l’acquisizione di Chi Ltd che ha tra i suoi marchi SuperBite e Muff te Muffin.
Le bevande saranno sì un core business ma saranno affiancate sempre più da altri prodotti alimentari. Questo per arginare le perdite dovute ad uno spostamento delle tendenze nutrizionali del Paese. Ai piani altri della Coca Cola non è passata inosservata la raccomandazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che a gennaio ha invitato i governi a tassare le bevande zuccherate per prevenire il fenomeno dell’obesità. Prevenire, hanno pensato quelli di Coca Cola, è meglio che curare.