Il Washington Post Alla Ribalta Grazie Alla Cura Bezos

Bezos

È il 2013, il Washington Post, celebre testata americana e fonte di memorabili scoop, chiude il bilancio con una perdita netta di 53,7 milioni di dollari. La famiglia Graham, proprietaria da ottant’anni del giornale, decide di arrendersi ai cambiamenti dell’industria mediatica e vendere il prezioso patrimonio.

Il compratore è esterno al mercato dei mass media, non ha esperienza editoriale, ma ha certamente fiuto per gli affari. Il suo nome è Jeff Bezos, fondatore di Amazon. La sua offerta comprende l’acquisto della testata, del sito Internet e degli altri giornali del gruppo, per un valore totale di 250 milioni di dollari.

Una cifra esigua considerato che stiamo parlando del Washington Post, una delle testate più prestigiose del mondo. La stessa che, per intenderci, ha pubblicato lo scandalo Watergate nel 1972 o l’inchiesta sulla multinazionale farmaceutica Pfizer nel 2000. Ma la disperazione per un futuro dai ricavi incerti gioca brutti scherzi e i Graham accettano l’assegno.

washington post newsroom

La redazione, rimasta nella formazione originale, resta sbigottita di fronte alla risposta sui piani editoriali del neo proprietario. È necessario solo sapere che il nuovo numero uno vuole:

La progressiva risalita del Washington Post inizia con ingenti investimenti da parte del secondo uomo più ricco del pianeta. Jeff Bezos appunto. Gli iniziali 50 milioni servono per svecchiare la testata e renderla più attuale. Le successive iniezioni di denaro confluiscono nell’assunzione di ottanta figure tecniche, tra programmatori e video editor.

La strategia di Bezos si riassume in una parola: integrazione. Integrazione tra i giornalisti e i tecnici, per creare storie sempre più multimediali, tra piattaforme, per catturare nuovi pubblici e contatti più eterogenei, tra abbonamenti e pubblicità, al fine di incrementare le entrate.

washington post bezos

Il re dell’e-commerce, inoltre, è consapevole dell’importanza della distribuzione. Ecco che arrivano nuovi investimenti per rendere ultraveloce la versione mobile dei siti, grazie alla collaborazione con Google, e con essi anche un enorme vantaggio competitivo sulle altre testate. Sono state formate, infatti, delle redazioni dedicate esclusivamente alle sessantadue diverse newsletter e all’imponente strategia social.

I risultati arrivano dopo appena un anno: gli abbonamenti raddoppiano e il focus su smartphone e tablet attira sempre più pubblicità.

I giornalisti del “Post“, inizialmente diffidenti, si convertono alla filosofia innovativa di Bezos. Una strategia che guarda al futuro con un’attenzione al giornalismo d’inchiesta, quello di qualità, quello che ha reso col tempo il Washington Post un colosso editoriale.

La tradizione si rinnova, si fa multimediale ed è proprio la qualità a veicolare i flussi di ricavo.

La “cura Bezos” ha riportato il “Post” nell’olimpo giornalistico giusto in tempo per la presidenza Trump, durante la quale verranno assunti sessanta nuovi redattori per rafforzare la newsroom al fine di non perdersi nessuna mossa del neoeletto presidente. Il tutto grazie al +75% degli abbonamenti e al +100% delle sottoscrizioni digitali del 2016.

Redazione del Washington Post durante lo scandalo Watergate
Redazione del Washington Post durante lo scandalo Watergate

La chiusura di bilancio più che positiva deriva sia dagli ingenti investimenti di Bezos, sia dalla produttività dei suoi 700 redattori, che pubblicano il doppio dei contenuti rispetto ai 1300 del New York Times. Il motivo risiede nell’attenzione al lettore, alle sue caratteristiche e alle sue “esigenze” editoriali: ogni notizia viene declinata in decine di modi diversi per valorizzarla sui diversi canali distributivi e raggiungere i differenti pubblici.

È il 2016. Il Washington Post è il secondo quotidiano statunitense per numero di lettori, dopo il New York Times. Nella concorrenza digitale, la testata di Bezos ha avuto così tanto successo da riuscire a vendere la propria licenza del content management system a terze parti: solo questo canale potrebbe fruttare entrate di 100 milioni di dollari annuali.

2017, Il Washington Post inizia l’era Trump con una vision molto chiara: “qualità a basso costo”. La sua vision di lungo periodo è fare degli abbonamenti economici (36 dollari l’anno per l’edizione nazionale), la fonte principale di guadagno della testata.

Ancora una volta Bezos dimostra che il mercato editoriale e giornalistico non è morto, ma può continuare a crescere grazie ai suoi contenuti. La pubblicità e i progetti extra editoriali sono solo la cornice di un quadro fatto di giornalismo d’inchiesta di qualità, come si faceva una volta.

L’unica domanda che rimane da fare al re di Amazon è: