Investimento Fondiario: la Terra che Vale

Cambiamenti climatici, inquinamento, deforestazione. Ecco alcuni degli effetti dell’urbanizzazione. A questi se ne aggiunge un altro, che influisce più o meno direttamente sulle odierne opportunità di investimento: i terreni coltivati si sono nel tempo ridotti, diventando oggi merce assai rara. Per questo,  l’investimento fondiario può rivelarsi una buona opzione (soprattutto in un’ottica di lungo periodo). Recentemente Andrea Povellato, responsabile dell’Ufficio studi e ricerca Inea (Istituto nazionale di economia agraria) ha dichiarato che il valore della terra è mediamente di circa 20mila euro per ettaro, con un netto divario tra i valori propri delle varie regioni italiane.

Indubbiamente,  la pressione fiscale ha incentivato molti proprietari a vendere i propri terreni – anche a prezzi inferiori rispetto al valore intrinseco degli stessi- piuttosto che a darli in locazione e questo atteggiamento ha determinato un leggero aumento del numero di transazioni. Ad animare il settore ha contribuito anche il c.d. decreto Terrevive, che ha consentito la progressiva messa in vendita e/o locazione di ben 5.500 ettari di terreni agricoli pubblici, con prelazione agli under 40.

Titoli in Borsa

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Chi vuole investire su prodotti o terreni agricoli deve però considerare il maggiore rischio a cui si va incontro: oltre ai normali cicli di Borsa, tale tipo di investimenti è influenzato anche da fattori “naturali” quali possono essere, ad esempio, alluvioni e periodi di siccità. In ogni caso, tenuto conto di tale maggiore variabilità, diversi sono gli strumenti offerti ai potenziali investitori: si va dai fondi comuni (tra i migliori su un arco temporale di cinque anni Allianz Global Agricult Trends e RobecoSAM Sustainable Agribsns) agli ETC Exchange Traded Commodities – sulle singole commodities (cereali, cacao, soia) o su panieri di commodities, passando per gli ETF Exchange Traded Fund – che si caratterizzano per il fatto di replicare l’indice al quale si riferiscono (benchmark) attraverso una gestione totalmente passiva.

Settore vinicolo

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Nonostante il rallentamento del mercato vinicolo e la regolare contrazione delle aree destinate ai vigneti (si è passati da 772mila ettari nel 2000 a 642mila nel 2014, un calo di circa il 17%), l’Italia è al secondo posto nella classifica mondiale dei maggiori produttori di vino con ben 44 milioni di ettolitri prodotti nel 2014, dietro la Francia (fonte ISTAT). In particolare Toscana, Piemonte e Veneto sono le zone più interessanti, con terreni di pregio che rappresentano ottime opportunità di investimento.