Una crisi “senza precedenti”, peggiore persino a quella spesso citata della Grande depressione degli anni Trenta, con margini d’incertezza elevatissimi e il rischio di una bolla finanziaria pronta a scoppiare da un momento all’altro. Questa è la sintesi del giudizio espresso dal Fondo Monetario Internazionale, che ha appena rivisto al ribasso le precedenti stime sui Pil mondiali.
A chi venisse in mente, magari pensando all’indice Nasdaq che ha appena superato la soglia dei 10.000 punti, di farsi accarezzare dal pensiero che “questa volta è differente”, suggerisco vivamente di andare a leggere un libro molto piacevole e semplice del premio Nobel Robert J. Shiller dal titolo “Euforia irrazionale”.
Il libro è apparso nel 2000, nel momento di apice dei mercati azionari, quando sembrava esserci nell’aria una sorta di stravagante aspettativa o, per usare le parole di Alan Greenspan, di “euforia irrazionale”; un ottimismo diffuso e non completamente giustificato circa l’andamento del mercato azionario, che rende il testo straordinariamente attuale.
Per suggerire a considerare anche la possibilità che questa volta “NON sia differente”, riporto l’analisi di Shiller riguardanti due avvenimenti storici molto affini al contesto attuale. Il primo è il superamento di quota 1.000 punti da parte dell’indice Dow Jones avvenuto per la prima volta nel gennaio del 1966 tra roboanti articoli di stampa: Time scrisse che il “superamento apparirà nei libri di storia per i prossimi decenni, o magari secoli”.
Come ci spiega Shiller e come evidenzia il grafico sotto relativo all’andamento dell’indice Dow Jones dagli anni ‘60 agli anni ‘80, l’indice dopo quell’exploit arrivò a perdere oltre il 30% all’inizio degli anni ‘70 e riuscì a tornare sopra i 1000 punti solo nel 1972 per brevissimo tempo, prima di un altro crollo altrettanto violento. Solo nel 1982 (16 anni più tardi) riuscì a superare in modo stabile quota 1.000 punti.
Chi pensa al rialzo “perpetuo” del Nasdaq faccia tesoro di questo grafico.
Chi invece ritiene che i poteri illimitati delle autorità monetarie e fiscali saranno in grado di evitare un nuovo ’29, ed anzi pensa, che in fondo, questo pericolo sia già scongiurato, visto il livello delle borse, potrebbe trovare interessante la ricostruzione, anche psicologica, di quegli eventi, fatta da Shiller.
Secondo l’autore la gente ricorda il tracollo del 1929 come un evento verificatosi nel giro di 1-2 giorni, e tende invece a non rilevare come di fatto agli inizi degli anni Trenta, il mercato avesse già riguadagnato una buona parte del terreno perso. (il rettangolo nel grafico).
Il fatto rilevante, circa il crollo del 1929, non furono le flessioni tremende del mese di Ottobre, ma l’evento che questo segnò, l’inizio di un periodo successivo di tre anni (sino a metà del ’32), con una inversione di tendenza dal rialzo iniziata negli anni ’20 sino alla discesa terminata nel 1932, dove l’indice valeva meno di 5 con una performance del meno 85% . Nell’aprile del 1930 l’indice era ancora in area 25 punti (solo -25% dai massimi assoluti) mentre nel 1932 valeva meno di 5. (-85%)
Per citare il Professor Shiller: “Gli eventi che durano un giorno, per quanto straordinari, non contano in modo rilevante a meno che non siano il simbolo di una turbativa dei mercati.”