La Banca Centrale Europea si è già mossa per un riavvio della politica monetaria ultra espansiva e senza limiti di tempo, la seguiranno in questa “folle ricorsa” anche la Fed e le altre Banche Centrali, alla ricerca di scongiurare una recessione. I primi segnali di debolezza della Cina e della Germania hanno creato preoccupazione, tuttavia una contrazione anche degli Stati Uniti, sarebbe un durissimo colpo per l’economia mondiale. Allora facciamo un giro in America per cercare di decifrare, in anticipo rispetto ai dati ufficiali che descrivono, ahimè, la situazione “quando i buoi sono già scappati”, l’umore dei consumatori.
Dico proprio quello dei consumatori, perché quello degli investitori lo conosciamo ogni giorno dall’andamento delle Borse; da questo punto di vista, al momento, continua la festa, anche se la serata sembra volgere al termine e gli invitati mostrano, data il prolungarsi, di accusare una certa stanchezza. Di questi argomenti avremo modo di parlarne, mentre dobbiamo sapere che il 10% più ricco degli statunitensi è responsabile della metà dei consumi nazionali, e dopo il 2008, quella fascia sociale ha raddoppiato i consumi, di conseguenza l’economia è cresciuta e tecnicamente siamo in piena occupazione (tasso disoccupazione al 3,7%). La crescita maggiore di posti di lavoro in America si è avuta nei servizi rivolti ai più ricchi, intendo personal trainer, dog-sitter, assistenti allo shopping, insomma tutti quei lavori che aiutano a godere appieno dei benefici di poter spendere molto denaro. Nulla da meravigliarsi, tuttavia la grande parte di questi lavoratori sono liberi professionisti, non hanno certamente contratti di lavoro a tempo indeterminato; in sostanza il ciclo economico è quasi totalmente correlato agli “umori” del 10% più ricco della popolazione. Allora non ci resta che seguire qualcuno che in questi giorni ha pensato bene di farsi un giro nei posti più signorili dell’America per testare il polso della situazione, vediamo in sintesi cosa ne è uscito.
Dopo 193 anni di attività il grande magazzino del lusso newyorkese Lord & Taylor ha chiuso, Tiffany per contrastare la riduzione di fatturato e fare cassa ha iniziato ad offrire ai propri visitatori la colazione, le case d’asta Sotheby’s e Christie’s hanno subito un calo di fatturato rispettivamente del 10% e 22%, le compravendite nel settore immobiliare, ovviamente quello dei superattici e ville, è in forte riduzione. Se considerassimo la teoria che sostiene che chi è felice non compra, allora dovremmo dedurre che la classe ricca americana sta per avviarsi verso un periodo di felicità; che il consumo sia una felicità fugace fa parte della esperienza di ciascuno di noi, ma è altrettanto vero che il sistema capitalistico (per definizione quello americano) si regge nel creare una certa dipendenza verso il consumo. La classe media, dopo la crisi del 2008, è stata costretta ad eliminare il superfluo, ma ha voluto e in molti casi dovuto altresì ricorre sempre in misura maggiore al debito per consumi “normali” come lo studio dei figli, l’auto etc. La notizia di cambiamento verso la propensione ai consumi da parte dei ricchi potrebbe essere una brutta notizia anche per la classe media. Lo è, visto che nell’ultimo decennio la middle class americana ha accumulato debiti per mandare i figli al college e università raggiungendo 1,5 trilioni di dollari, per acquistare l’auto in circa un trilione e lo stesso importo per acquisti tramite la carta di credito. La crescita dell’economia americana in questi ultimi anni si è fondata su due pilastri, innanzitutto il desiderio di spendere della parte più ricca della popolazione e dall’altra parte la fiducia della classe media nel ricorrere al debito per continuare a soddisfare i propri bisogni di consumo. Entrambe questi “umori”, sia il desiderio sia la fiducia, stanno calando: i ricchi non trovano soddisfazione nel consumo e la classe media comincia a preoccuparsi dell’ingente debito.
Qualcosa di rilevante sta cambiando nel ciclo economico americano, per ora i dati ancora non lo rivelano, ma crescita economica non è solo questione di rapporti di quantità, di moneta in circolazione, è soprattutto basata sulla fiducia e volontà.