Le Aziende Italiane e Quella Poca Attenzione al Mondo LGBT

Barilla

Settembre 2013, soltanto due anni e mezzo fa, il presidente dell’arcinota multinazionale Barilla, durante un’intervista radiofonica, affermò di non immaginare alcun tipo di campagna pubblicitaria con una coppia gay, perché Barilla ha come modello di famiglia quello tradizionale, anzi sacrale.

Tanto bastò per scatenare un vero e proprio putiferio: associazioni LGBT* in rivolta, boicottaggio dei prodotti Barilla, parlamentari che si schierarono a difesa dell’imprenditore, parlamentari che invece si schierarono contro e via dicendo.

Il signor Guido Barilla porse educatamente le sue scuse qualche giorno dopo, dicendo di essersi spiegato male e di non voler discriminare nessuno: vuoi perché mosso da spirito penitente, vuoi per scelte imposte da altri (e dal mercato), la Barilla è diventata una multinazionale molto friendly ed inclusiva.

Subito dopo lo scivolone del presidente è stato, infatti, creato il “Diversity & Inclusion Board”, un gruppo di esperti nato con l’obiettivo di creare e consolidare delle policy aziendali rispettose di tutte le differenze: il board non guarda soltanto al mondo LGBT*, ma anche all’uguaglianza di genere tra uomo e donna e alle persone diversamente abili.

barilla gay
Nel 2015 l’azienda ha raggiunto un risultato importantissimo: Human Rights Campaign, la più grande organizzazione non-profit statunitense per persone omosessuali/bisessuali/transgender, ha definito la Barilla una delle multinazionali più rispettose delle diversità LGBT (secondo il Corporate Equality Index), dimostrando – in poco più di un anno – di aver accantonato un singolo episodio spiacevole per concentrarsi su policy efficaci di inclusività.

E al giorno d’oggi come siamo messi?

Sicuramente nessuna grande azienda escluderebbe a prescindere le persone LGBT* dalla fruizione di un proprio prodotto, d’altro canto pochi mesi fa si è verificato il “caso Italo” con la promozione per i partecipanti al Family Day di fine gennaio: in pochissimo tempo sui social è stata organizzata una campagna di pseudo-boicottaggio della compagnia di trasporto, costretta a spiegare come alcune promozioni vengano attivate in modo automatico e scusandosi per chi si è sentito offeso dall’iniziativa.

Questi due episodi, seppur a distanza di tempo, a mio giudizio non denotano omofobia o volontà di discriminare da parte del mondo aziendale italiano, ma sono piuttosto indici di poca attenzione, di mancanza di tatto e sicuramente di ignoranza rispetto alla tematica della diversità: guardando al mondo anglosassone ed europeo, le pubblicità indirizzate (anche) a persone omosessuali e alle loro famiglie sono ormai all’ordine del giorno, così anche sotto l’aspetto delle politiche interne alle varie aziende c’è moltissima attenzione verso le varie esigenze dei singoli dipendenti.

Proprio a livello di politiche aziendali va menzionata un esempio italiano positivo, Gucci ha da poco scelto di estendere le ferie matrimoniali anche alle coppie dello stesso sesso che contraggono il matrimonio all’estero: sicuramente la decisione del prestigioso marchio fiorentino denota da un lato grande modernità nelle decisioni aziendali, dall’altro rappresenta sicuramente una conferma di quanto le persone LGBT*, sia singolarmente sia in coppia e/o in famiglia, siano diventate parte integrante (e non più nascosta) dell’attuale società occidentale.
Auspicabilmente la misura verrà estesa alle coppie omosessuali che contrarranno l’unione civile, ovviamente quando la legge verrà definitivamente approvata in Parlamento.

Cercando di trarre le somme si può dire che le aziende italiane hanno sicuramente molto da imparare dal mondo anglosassone (ed europeo più in generale) per quanto riguarda le politiche di inclusività e rispetto delle differenze, questo sia da un punto di vista interno all’azienda sia da un punto di vista di attenzione verso la clientela, ma è altrettanto vero che negli ultimi anni ci sono stati passi avanti importanti: tutto ciò non è abbastanza, ma è sicuramente un buon punto di partenza.