Il termine buyback significa “riacquisto”. In finanza si intende quell’operazione attraverso cui una società acquista sul mercato le proprie azioni. Di seguito verranno presi in considerazione, gli aspetti più rilevanti di questa operazione partendo dal contesto normativo italiano e vagliando poi le motivazioni che spingono una società, o il management, a questo tipo di operazione.
Riferimenti normativi
Per quanto riguarda l’ordinamento italiano la principale disposizione normativa di riferimento è l’art. 2357 c.c. che prevede i requisiti che le azioni debbano avere per poter essere riacquisite dalla società. Primo punto da evidenziare è che tali azioni devono essere state interamente versate, altrimenti la società diverrebbe debitrice di sé stessa dovendo ancora versare la parte rimanente del conferimento per l’azione acquistata.
Sempre lo stesso articolo prevede anche che le azioni proprie possono essere acquisite nei soli limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili. Deve essere presente anche una delibera da parte dell’Assemblea degli Azionisti in merito all’acquisto di tali azioni. Tale delibera deve indicare: il limite di acquisto, la forchetta di prezzo e anche la durata dell’autorizzazione, non superiore a diciotto mesi.
In riferimento al prezzo esso non deve essere superiore, in caso di vendita, o inferiore in caso di acquisto al prezzo medio del giorno precedente; per quanto riguarda invece il volume esso non deve eccedere il 25% del volume medio degli ultimi sei mesi.
Le società quotate hanno inoltre l’obbligo di ottemperare alle disposizioni del Testo Unico della Finanza (TUF). Nello specifico l’art. 132 del presente testo evidenzia come le società debbano rispettare i limiti imposti dagli art. 2357 e 2357 bis, specificando inoltre che tali acquisti dovranno avvenire secondo le modalità esplicate all’interno del regolamento emittenti Consob.
L’art. 73 del regolamento emittenti, prevede l’obbligo, per la società che intende effettuare buyback, di comunicare ventuno giorni prima dell’operazione, attraverso una relazione dell’organo amministrativo in cui vengano esplicitate le motivazioni e modalità di tale operazione. La comunicazione deve essere depositata e presso la sede sociale e diffusa tramite i cosiddetti SDIR (sistemi di diffusione delle informazioni regolamentate.
L’art. 144-bis prevede inoltre che l’acquisto di queste azioni debba avvenire tramite tender offer in modo da non permettere l’abbinamento diretto delle proposte di negoziazione in acquisto.
Ultimo aspetto normativo da prendere in considerazione è la delibera Consob n. 116839 del marzo 2009 la quale introduce due prassi di mercato inerenti alle operazioni di acquisto di proprie azioni.
– La prima prassi di mercato ammessa prevede la possibilità di operare sulle proprie azioni al fine di garantire la liquidità del titolo e il sostenimento del prezzo delle stesse azioni.
– La seconda prassi di mercato è invece finalizzata alla creazione di un cosiddetto “portafoglio titoli” che potrà poi essere utilizzato in vari modi ad esempio quale fonte di investimento per la società, ottenimento di titoli utili ad un piano di stock options o eventualmente la possibilità in un futuro di diminuire il capitale.
Organo competente
A livello mondiale l’individuazione dell’organo responsabile di questa operazione può ricadere o sul Consiglio di Amministrazione o sulla Assemblea dei Soci. Gli ordinamenti che prediligono delegare il CdA preferiscono dare maggiore importanza alla rapidità del processo decisionale e all’operatività aziendale; nel caso in cui venga investita l’Assemblea dei Soci, tale “decisione” è indicatrice del fatto che si voglia una maggiore tutela delle minoranze azionarie, in quanto, tali minoranze parteciperebbero all’AdS che dovrà deliberare l’operazione, andando, per contro, a diminuire la rapidità del processo decisionale.
All’interno dell’ordinamento italiano l’organo competente alla delibera in merito all’acquisto di azioni proprie è l’Assemblea dei Soci che, come evidenziato in precedenza, deve stabilire la durata dell’autorizzazione al CdA, il numero di azioni e la forchetta di prezzo di acquisto. Nella sostanza questa autorizzazione si trasforma in una mera formalità in quanto viene presentata dal CdA una proposta contenente già le indicazioni di prezzo e tempistiche; tale proposta viene quindi solo approvata dall’Assemblea dei Soci. All’interno delle delibere assembleari infatti sono riscontrabili delle motivazioni molto vaghe, facenti troppo spesso riferimento alle prassi di mercato ammesse. Questo non permette di saggiare le vere motivazioni che portano il Management ad effettuare questo tipo di scelta, estremamente importante che potrebbe creare, come verrà analizzato più avanti, alcuni profili di criticità. In altri ordinamenti come quello Americano e Canadese è direttamente il CdA ad essere competente in merito a questo tipo di operazione sulle proprie azioni per favorire la pragmaticità e velocità decisionale che sono proprie di questi ordinamenti.
Occorre rilevare la peculiare posizione dell’Australia: l’ordinamento riconosce la competenza congiunta a questi due organi e con l’obbligo per l’Assemblea di intervenire solo nei casi più delicati, ad esempio nel caso in cui il riacquisto sia superiore al 10% all’interno dello stesso anno solare oppure nel caso in cui si effettui il riacquisto attraverso il selective purchase.
Motivazioni che spingono una società all’acquisto di azioni proprie
Dopo aver passato in rassegna le principali disposizioni normative in merito al buyback per le società quotate pare utile chiedersi cosa porta una società ad effettuare un’operazione di questo genere.
Innanzitutto occorre evidenziare che una volta che le azioni vengono acquistate dalla società, esse perdono il diritto di percepire gli utili. Uno dei motivi per cui il Management effettua l’acquisto di proprie azioni è quello di incrementare l’earning per share (EPS); questo fenomeno viene definito “Earning Bump”. A parità di redditività della società, attraverso questa operazione, è possibile aumentare la remunerazione della singola azione in quanto l’utile verrà ripartito su un minore numero di azioni con diritto a percepire dividendi.
Il principale metodo per aumentare l’EPS è quello di rendere maggiormente performante la società aumentando di conseguenza il reddito e l’utile; l’acquisto di proprie azioni da parte di una società risulta un metodo artificioso e slegato dall’effettivo andamento della società, per raggiungere lo stesso fine.
L’acquisto di azioni, al fine di aumentare l’EPS, potrebbe essere effettuato attraverso due metodi principali: i) attraverso la liquidità in eccesso; ii) attraverso il finanziamento a debito.
Nel primo caso, a fronte del mantenimento degli stessi risultati, si avrebbe un sostanziale miglioramento della redditività aziendale a seguito dell’eliminazione di risorse finanziarie al momento improduttive; nel caso in cui invece si ricorresse all’indebitamento, al fine di ottenere le risorse necessarie all’operazione di buyback, si otterrebbe un aumento del costo del capitale che potrebbe non portare all’effettivo beneficio che si dovrebbe perseguire con questo tipo di operazione.
Il 18 novembre del 2016 il CdA di Facebook ha approvato un piano di acquisto di azioni proprie per 6 miliardi di dollari. Per tale acquisto, che si protrarrà per tutto il 2017, verrà usata esclusivamente la liquidità che dall’ultimo bilancio risulta essere 26 miliardi di dollari. La gestione ha affermato che “I tempi e l’effettivo numero di azioni riacquistate dipenderà da una varietà di fattori, tra cui prezzo, accordi generali, condizioni di mercato e opportunità per investimenti alternativi”. Più probabile è invece l’acquisto di azioni proprie al fine di rendere più flessibile il dividendo attraendo altri investimenti nella società.
Spesso l’EPS è un KPI inserito all’interno dei contratti del Top Management in quanto, appunto, all’aumentare di questo indice si presuppone un incremento del valore aziendale, segnale quasi indiscutibile, del buon lavoro della dirigenza. Tale profilo potrebbe risultare assai critico: il Top Management sarebbe indotto a chiedere all’Assemblea dei Soci l’autorizzazione all’acquisto semplicemente per aumentare il KPI in funzione della remunerazione variabile del contratto.
Motivo sicuramente più nobile che porta il Management ad effettuare Buyback è il sostenimento del corso azionario.
Capita spesso, soprattutto per le società del settore ICT, che vengano sostenuti costi in ricerca e sviluppo che incidono in maniera considerevole sul bilancio e di conseguenza sulla percezione da parte dei piccoli azionisti della redditività dell’azienda. Senza dubbio i costi di R&D incidono in maniera negativa sul bilancio e i piccoli azionisti, senza essere consapevoli della visione di lungo periodo, essendo magari interessati ad un investimento di breve periodo, potrebbero essere portati alla vendita delle proprie partecipazioni facendo diminuire il valore di mercato dell’azione. A fronte di questo comportamento, per sostenere il corso azionario, la società potrebbe acquistare azioni proprie permettendo così al prezzo di stabilizzarsi e mantenere il valore maggiormente aderente al vero potenziale della società.
Altro aspetto che risulta necessario citare è l’utilizzo delle operazioni di buyback quale difesa da eventuali scalate ostili. Attraverso l’acquisto delle azioni da parte della società viene ridotto il flottante sul mercato e quindi viene resa più difficile l’operazione di “rastrellamento” della società ostile. Oltre al precedente meccanismo, attraverso la riduzione dell’offerta sul mercato di azioni della società target, il prezzo nominale dell’azione potrebbe salire rendendo molto più oneroso l’acquisto delle partecipazioni necessarie ad acquisire il controllo della società oggetto di OPA ostile.
Conclusione
Non è possibile individuare una singola finalità o un obiettivo preciso per quanto riguarda le operazioni di acquisto di azioni proprie in quanto, come visto, seppur brevemente, tale fenomeno si presta a molteplici finalità di carattere organizzativo, economico e finanziario.
Nonostante il generale scetticismo che emerge pensando ad una società che si auto fagocita, diventando socia di sé stessa, tale operazione è in forte crescita a prescindere dagli esiti a cui porta che spesso sono ben lontani dall’idea prevalente in cui una società dovrebbe portare dei generici benefici giuridici o patrimoniali ai propri soci.
Andrea Trapattoni
Presidente di JECatt