Tra me e te: due gradi di separazione
Bruxelles. Interno giorno. Anno due per me. “Hotel des Colonie”. Hotel in centro, votato da tutti, ospita me e pure una sala da biliardo.
Sveglia? Macchè. Ero arrivata lì da 5 ore. Atterraggio alle 02:00, del mattino. Aereo, con me dentro, in ritardo. Provenienza Milano Linate. Per il resto: pioggia, caffè espresso non pervenuto, cielo da inizio novembre anche se era marzo, giorno 2.
Non sono sola, siamo in 10, noi di JECatt.
Mi sembra ieri che la mia migliore amica mi convoca, solito bar: è entrata in una Junior Enterprise, mi dice.
“Ah meraviglia!”
Chissà cos’è.
– “E tu perché non fai parte di JECatt?”
La cosa diventa sempre più difficile. Aspettava un mio cenno, che scattasse un mio click. Ma niente.
Riprende: “E’ una associazione di studenti, intraprendenti, della tua università, che offrono servizi di consulenza e ti aprono le porte del mondo del lavoro, Angela, fidati”
Fidiamoci.
Il mio compito a Bruxelles, presenziare ad un meeting, tre giorni con le migliori Junior Enterprise d’Europa e con grandi partner, che sono lì, ufficialmente, a presentare i loro business; ufficiosamente, a caccia… di talenti.
Giorno 1. Sala conferenze. KU Leuven University. Ci sono tutti.
C’è un lui che mi saluta con la mano, gli ho parlato, di sicuro, al training del mese scorso. Viene verso di me, ma io ho un problema con i nomi, e lui sfortunatamente non lo sa. Sposto lo sguardo.
C’è una lei, che poi è la presidente di quella Junior, quella da poco nel network; sguardo furbo, di quelle che non gliela racconti, non ce la fai, passo deciso ma fossette per ogni sorriso. Mi saluta da lontano.
Tutti si siedono.
C’è prima una tavola rotonda, ad apertura del meeting, a cui presenziano presidenti, Amministratore Delegato, manager, consulenti. Il mediatore fa una breve ovérture e poi, applauso e faro puntato su una di loro. La donna, seduta su una poltrona rosso Pantone, ha lo sguardo vigilissimo. Pronta a fare il suo intervento. La presentano, è l’AD della prima azienda partner.
Prende il microfono, disinvolta. Si alza. Si vede che è abituata a fare questi tipi di intervento; ci parla di sé, del suo percorso di studi e della sua carriera professionale e ride: “Voi non seguirete sicuramente l’iter fatto da me per arrivare fino a qui: in un mondo in cui, oggi, tutto passa attraverso il passaparola, attraverso le persone che frequenti e che hai la possibilità di conoscere, il modo di trovare lavoro è totalmente cambiato. E questo perché per le aziende è meno costoso, è più rapido. Le aziende oggi attivano la propria rete di conoscenze attraverso associazioni, università e social network. La teoria dei sei gradi di separazione?! Morta. Oggi le aziende usano LinkedIn o Facebook per trovarvi e voi per trovare loro. Tra me e voi ci sono 2, massimo 3, gradi di separazione. Per trovare lavoro ci vuole un buon curriculum, social aggiornati, coraggio e la capacità di sfruttare il network di conoscenze. Il network, ragazzi, è efficacie se coltivato, gestito e mantenuto. E voi avete scelto il mezzo giusto per crearvelo. La vostra Junior vi dà valore. Quella sì che vi aiuterà. E’ grazie alla vostra Junior che oggi siete qui e avete la possibilità di ascoltarci, conoscerci, parlarci. E’ grazie alla vostra Junior che oggi, forse, siete seduti di fianco ad una grande mente di domani. Sfruttatela”.
Cambia tono, presenta la sua azienda. La perfomance è notevole, come sempre. Racconta di personaggi, di scene, di effetti sonori: classico repertorio, del buon oratore, proprietà di linguaggio, mestiere. Certo, penso, a 20 anni averla un’azienda così nel curriculum. Pagherei.
Dopo di lei, prende la parola un suo collega, dell’area HR, ci parla delle posizioni aperte in azienda, a Madrid, attualmente. Poi si risiede. Silenzio. Applausi.
Mezz’ora dopo, Andrea, che è il mio presidente, tiene un piatto in mano e offre sorrisi. Mi si avvicina, mi prende per il braccio e mi accompagna ad un tavolo, enorme.
Mi dice: “Ti presento la AD di cui andiamo più fieri, che ha accettato il nostro invito a presenziare ed è venuta qui ed ha anche accettato di aprire questo evento con un suo contributo di idee e proposte operative”. Lei mi guarda. La top manager è pronta per me.
Siedo.
Dice: “Piacere. Anche lei di JECatt, come Andrea!”. Dico: “Si. Beh non certo con un ruolo così importante. Piacere mio”. Sorride.
So della sua azienda chiaramente, sono preparatissima, può chiedermi qualsiasi cosa, o quasi. In realtà avevo sentito troppe presentazioni, visto troppe facce, ma la mia memoria aveva scovato un cassettino dentro il quale c’erano tutte le informazioni utili. Abbastanza per svoltare questa conversazione.
Chiedo per prima. Mi risponde, sorridendo, parlando in italiano, accentando in inglese, alzando il naso alla francese. Uno spettacolo!
-“Lei di cosa si occupa?” Mi chiede.
-“In JECatt di comunicazione. All’università sto finendo il primo anno di magistrale”
–“E con l’inglese come va?” mi interrompe.
-“ Beh, ho lavorato per tre aziende estere, all’estero, direi non malissimo”
-“Ah si?” Abbassa il suo naso alla francese. “E dopo aver lavorato all’estero, Lei entra in una Junior Enterprise?”
-“Ebbene si, JECatt mi ha ulteriormente formata. Ho imparato a relazionarmi con i clienti e con i loro capricci, ho imparato il datismo, nuova religione, ho imparato come si fa un’analisi di mercato, so quasi come sfidare un grafico, ho fatto crowd funding; ho aiutato e detto di mollare”.
Tace, per trenta secondi, un minuto, e poi riprende: “Sa che in azienda abbiamo delle posizioni di stage aperte a Madrid. Pensa che sarebbe interessata a inviarci una candidatura?”
Qui il mio click scatta. “Per me sarebbe un piacere. Le invio il mio curriculum appena rientro in Italia. Intanto ho già il suo contatto LinkedIn”.
-“Ah si? Beh allora intanto guardo quello, che a volte può anche bastare”.
Ringrazio. Mi alzo. Mi giro. Respiro profondo.
Torno in Italia.
Domenica sera, la mattina successiva le invio il mio CV. Non ricevo nessuna risposta. Passo la prima settimana nell’ansia, poi nello sconforto. Due settimane e ancora silenzio.
Poi, giovedì mattina. Una mail. E’lei.
Messaggio chiaro:
“Ho visto il suo profilo LinkedIn. Poi ho letto il suo CV. Devo incontrare un cliente a Milano domani, incontrerei volentieri anche lei per un colloquio”.
Un’altra sala conferenze, di un altro ufficio, con un altro tavolo, enorme anche questo.
Lei è seduta con il suo computer, una penna in mano e qualche foglio bianco davanti. Alza lo sguardo su di me. Beh? Mi avvicino, guardando questa scena, con me dentro, ma come se ne fossi fuori.
Siedo. Sorride.
Seria e decisa: “Angela, sa, noi come partner della vostra Junior, discretamente, vi osserviamo nel vostro lavoro. Ci informiamo, abbiamo la possibilità di conoscervi. Ma lei per me qui è un candidato come un altro. Per questo, per capire se è idonea, se è il profilo giusto per le nostre sedi estere, Madrid come le dicevo, vorrei chiederle di lei, farle qualche test, insomma, vedere come se la cava”.
Passano un minuto, cinque, dieci…
Mi sorride, mi alzo, le stringo la mano.
Saluto. Scendo le scale, apro la porta, esco dal palazzo.
Respiro, e penso: adesso che si fa col paso doble? Olè Olè!
Angela Antonia Beccanulli
Communication Consultant in JECatt