L’Italia e i Finanziamenti ad Impatto “Green”

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Nel panorama mondiale degli ultimi anni si sta registrando un netto cambiamento di rotta da parte delle economie sovrane e sovranazionali le quali, in particolare Unione Europea e Cina, stanno concentrando i propri sforzi non più verso la cieca scalata alla ricerca della saturazione della propria capacità produttiva, come accaduto fino alla fine degli anni 2000, quanto piuttosto verso lo sviluppo di un’economia circolare, sociale ed eco-sostenibile.

Un pratico esempio di quanto affermato è riscontrabile nei dati inerenti le fonti energetiche rinnovabili dell’Unione Europea, che sono passate dall’8,5% nel 2004 al 16,7% nel 2015[1], e negli obiettivi prefissati di sostenibilità con Europa 2020 (20%) ed Europa 2030 (27%).

Nuovi settori come bio-tech, clean/renewable energy e bio-engineering stanno acquisendo sempre più consensi da parte del settore sia privato, sia pubblico. Sovente però i più grandi ostacoli alla diffusione, alla crescita e allo sviluppo di queste realtà sono rappresentati dal carattere di innovatività e complessità con il quale queste si offrono al mercato, in particolare dall’evidenza che sviluppare nuove tecnologie su larga scala richieda ingenti finanziamenti a fronte di ritorni non sempre garantiti in una prospettiva temporale di lungo periodo.

Complessivamente a livello mondiale la situazione è confortante, poiché gli investimenti nel settore della clean energy sono cresciuti del 3%[2] tra il 2016 e il 2017, fino alla sorprendente cifra di 333 miliardi di $, risultato reso possibile in larga misura grazie a Cina e Stati Uniti d’America, che da soli ne sono responsabili rispettivamente per il 40% e il 17%. Al contrario, in Europa, solo due paesi registrano risultati degni di nota: la Germania, con il 4,5%, e il Regno Unito, con il 3%.

Restringendo ulteriormente il campo alla realtà europea e al settore degli investimenti venture capital, la situazione è malauguratamente in controtendenza. Il numero di transazioni realizzate dai fondi è diminuito del 48% nel biennio 2015-2017, così come gli investimenti diretti al settore bio-tech che, nonostante nel biennio 2015-2016 abbiano registrato una robusta crescita, hanno subito un calo del 54% tra il 2016 e il 2017.

Anno dopo anno anche l’ecosistema degli investimenti italiani si rivela tendente al ribasso e in linea con la media europea. A sostegno di questa controtendenza vi sono elementi quantitativi sconcertanti riguardo l’universo dei finanziamenti venture capital, che primi fra tutti dovrebbero trovare la propria mission nel patrocinio di realtà early-stage: il Regno Unito si piazza al primo posto con 7,8 miliardi di €, seguito da Francia con 2,7 miliardi di € e Germania, con 1,6 miliardi di €. Il nostro paese compare però solo dopo aver scorso a lungo la classifica, con soli 200 milioni di € investiti[3]. Rimaniamo dunque una delle poche nazioni che confutano la tanto sentita e quanto mai dibattuta citazione: “Non sono i soldi che mancano, ma le idee”.

All’Innovation Showcase 2017 promosso da Agi (Agenzia Giornalistica Italiana) insieme ad Assolombarda e Unindustria, si è registrata però una prima inversione di tendenza, seppur modesta in quanto a dimensioni, poiché molti fondi internazionali sono intervenuti manifestando il loro interesse verso le realtà della nostra penisola, come ad esempio gli israeliani di Cukierman, gli ungheresi di Day One Capital, e i turchi di Keiretsu Forum Turkiye, i quali hanno finalmente iniziato a focalizzare i loro (ampi) portafogli di investimento nel nostro paese sui settori bio-tech, clean energy e green-tech.

Un’altra dimostrazione del fatto che il nostro paese sta muovendo i propri passi nel verso giusto (a livello ancora teorico e potenziale), è riscontrabile nel rapporto “Renewable Power Generation Costs in 2017”[4], presentato all’ottava assemblea dell’International Renewable Energy Association tenutasi a Dubai nel mese di gennaio 2018. Al suo interno si sottolinea infatti che, nel contesto della Strategia Energetica Nazionale, l’Italia si pone obiettivi ambiziosi ma non irraggiungibili, come il target quantitativo del 28% di energie rinnovabili sui consumi complessivi, e un target elettrico del 55% per il 2030, così come anche la cessazione della produzione di energia elettrica da carbone entro il 2025.

Dal punto di vista legislativo e delle iniziative proposte il nostro paese si sta quindi muovendo nella giusta direzione, in linea con le direttive europee, ma soprattutto in linea con quegli standard qualitativi che dovrebbero essere garantiti ai cittadini e alle generazioni future. Queste evidenze sono dimostrate dal fatto che, per quanto riguarda la riduzione delle emissioni, già alla fine del 2015 l’Italia si muoveva con mezzo punto percentuale in più rispetto al target inizialmente prefissato[5]. Ciò che invece sembra ancora mancare, tranne che in alcuni sporadici casi, sono la fiducia e la propensione al rischio da parte sia delle istituzioni pubbliche che di quelle private, da parte sia dei grossi fondi di private equity che di quelli “minori” di venture capital nei confronti delle piccole realtà italiane, che lentamente cercano di supportare questa positiva tendenza al miglioramento delle condizioni di vita e dell’ambiente che ci circonda. Il venture capital in Italia, infatti, è purtroppo ancora da considerare una realtà di piccole dimensioni, specialmente se paragonata a quella europea e globale, e gli investimenti, che già sono di entità modesta, vengono frazionati in troppe operazioni riducendo così l’importo finanziato che ogni realtà percepisce. Basti pensare infatti che nel 2017 tra le aziende che hanno recuperato la più grande quantità di capitali, nemmeno una opera nei settori “green”[6].

Serve dunque un piano d’azione mirato non solo ad attrarre fondi e investitori da realtà internazionali, per aumentare e migliorare la quantità di finanziamenti a capitale di rischio, ma è necessaria anche la determinazione a ragionare sul lungo periodo per fare in modo che le realtà privilegiate siano quelle di “impatto”, ovvero in grado di lasciare un’impronta tangibile e propositiva, e non quelle meramente orientate al profitto e che non promettono altro che il ritorno sull’investimento.

 

[1] https://www.key4biz.it/rinnovabili-parlamento-ue-vota-la-nuova-direttiva-2020-2030-si-punta-al-35/210106/

[2] https://www.bloomberg.com/news/articles/2018-01-16/china-s-hunger-for-solar-boosts-clean-energy-funding-near-record

[3] https://www.economyup.it/startup/italian-investment-showcase/

[4] http://www.greenreport.it/news/energia/energia-nel-2020-leolico-fotovoltaico-costeranno-meno-delle-fonti-fossili/

[5] Dati Eurostat

[6] Dati dealroom.co

 

 

Stefano Tuvo, Sales Consultant JeCatt