Il termine machine learning si va accompagnando, sempre più recentemente, con tutto ciò che viene ricompreso nel settore dell’industria 4.0, la quarta rivoluzione industriale, cioè la diretta conseguenza della massiccia digital transformation che ha caratterizzato l’ultimo decennio.
Volendo però essere più specifici, cos’è il machine learning?
Il termine viene coniato da Arthur Lee Samuel nel 1959, che cerca di adattare lo slogan “learning by doing” al mondo della robotica. Non si procede più con l’inserimento all’interno delle macchine di un codice di programmazione, ma si fornisce loro solo un set di dati che sono in grado di sviluppare una propria logica operativa.
È senza dubbio un fenomeno rivoluzionario per il mondo della produzione: avere a disposizione macchinari che apprendono grazie al riconoscimento di schemi e modelli all’interno di grandi quantità di dati apre le porte ad un altro importante traguardo, ovvero la risoluzione di complessi problemi aziendali.
Dotarsi di un set strategico di strumenti di machine learning diventerà imprescindibile nel mercato del futuro, per poter effettuare un’accurata analisi predittiva di trend e tendenze che l’ingegno umano non è in grado di cogliere.
Quale saranno quindi i settori che più beneficeranno di questo fuoco di Prometeo?
Il primo sarà senza dubbio quello della medicina: il binomio intervento umano-tecnologico è un trend in forte crescita, che riuscirà ad esprimere a pieno il suo potenziale nel momento in cui il percorso di cura del paziente verrà studiato e costruito non solo grazie alle conoscenze del personale medico competente, ma anche grazie all’accesso a grandi mole di dati raccolti in altre strutture ospedaliere.
Nel mondo della giurisprudenza gli avvocati potranno avvalersi di algoritmi studiati ad hoc per individuare i migliori esempi di sentenze da portare a supporto del caso in esame, o per elaborare tutti i possibili scenari da affrontare durante un dibattimento in aula.
Dimentichiamoci poi delle città come le viviamo oggi, caotiche ed inquinate: il machine learning offre numerosi sbocchi anche al settore della pianificazione urbana: le nuove tecnologie potranno infatti processare sia dati relativi all’inquinamento urbano, alla demografia e al settore idrogeologico, andando a diminuire notevolmente l’impatto ambientale.
Infine è bene menzionare il ruolo cruciale che il learning by doing artificiale giocherà per la disoccupazione: l’arco di tempo necessario alla re-integrazione nel mondo del lavoro verrà dimezzato, così come i sentimenti di demotivazione, stress e angoscia che affliggono gli inoccupati. Sarà infatti possibile tenere dei corsi di formazione per sviluppare le competenze richieste in real time dalle aziende.
Siamo però sicuri che sarà l’uomo a beneficiare della macchina e non viceversa?
A tale proposito, il machine learning ha annoverato sicuramente molti sostenitori, ma ha provocato la reazione di altrettanti oppositori, convinti che quest’avanzata digitale altro non farà che alimentare un taglio netto di posizioni lavorative.
È un tema talmente attuale, e secondo certi punti di vista preoccupante, che ha attirato perfino l’attenzione di pionieri del settore digital come Bill Gates ed Elon Musk che si sono espressi in modo differente: il fondatore di Microsoft ha sottolineato come l’utilizzo di robot comporterebbe enormi risparmi sul costo del lavoro e che un giusto compromesso potrebbe essere quello di arrivare a tassarli, seppur in misura contenuta.
Musk al contrario, si è schierato spezzando una lancia a favore del genere umano: secondo l’imprenditore è lo Stato a dover garantire un reddito di cittadinanza ai lavoratori, considerando che, solo negli Stati Uniti, l’avanzata degli automi comporterà, secondo le sue stime, la scomparsa del 47% circa dei posti di lavoro.
Per ora però il monito dell’imprenditore visionario non sembra smorzare l’entusiasmo delle imprese verso questo fenomeno in crescita: stando a una ricerca svolta da ServiceNow a Oxford Economics, che ha coinvolto 500 Chief Information Officer di tutta Europa, la fiducia in questo tipo di rivoluzione supera le aspettative. Il 48% dei CIO afferma di stare impiegando macchine intelligenti per la risoluzione di problemi complessi, come rispondere ad un security incident.
Più della metà di loro è infatti convinto che le decisioni prese dalla mente umana siano meno affidabili ed accurate di quelle prese tramite strumenti di machine learning, oltre che a fornire un contribuito non indifferente nell’aumento dell’efficienza dei processi produttivi aziendali.
Per far sì che il rapporto uomo-macchina non diventi conflittuale, è fondamentale per un CIO attirare nuove competenze e rendere i nuovi paradigmi pervasivi in azienda: significa assumere fin da subito dipendenti in grado di interfacciarsi con le macchine, in modo tale da impostare le linee guida per un nuovo modello di lavoro.
La prospettiva del machine learning sarà in grado di generare valore nel momento in cui aiuterà l’impresa a costruire una customer experience interna ed esterna calibrata e personalizzata a 360 gradi: abbracciare questo nuovo trend senza una solida base di dati a disposizione e con uno studio dei costi che supera i benefici si rivelerebbe controproducente per l’impresa stessa, nonché una dimostrazione che il mercato del ventunesimo secolo è ancora ben lontano dall’essere pronto ad una rivoluzione di tale portata.
Gaia Bergamaschi
Communication Consultant