Negli ultimi 40anni il divario tra ricchi e poveri ha continuato ad ampliarsi. Secondo le stime più recenti dell’Oxfam, 26 individui possiedono la stessa ricchezza di 3.8 miliardi di persone. Ma quali sono i driver di questo fenomeno? È possibile rallentare o invertire questa tendenza? Proviamo a rispondere a queste domande.
Il livello di disuguaglianze
I grafici sottostanti mostrano la percentuale di ricchezza prodotta da una nazione in un anno (PIL) che finisce nelle tasche del top 1% più ricco della popolazione. Per semplicità utilizziamo questo indicatore, anche se il quadro rimane pressoché invariato utilizzando indice di Gini o altri indicatori che misurano disuguaglianze di reddito/patrimonio.
È chiaro che la disuguaglianza dei redditi è in crescita, e lo è dagli anni ’80. Tra il 1975 e oggi, gli Stati Uniti hanno registrato un raddoppio nella percentuale di PIL che finisce all’1% più ricco, che è passata da poco più del 10% al 20% del reddito nazionale. Un trend simile, anche se meno marcato, ha interessato tutto il mondo anglosassone e l’Europa occidentale. L’eccezione in questo senso sono i paesi nordici che hanno registrato aumenti molto più modesti o livelli costanti di disuguaglianze da reddito.
Inoltre, guardando i questi grafici si può vedere come 100 anni fa il livello delle disuguaglianze era simile se non peggiore di quello attuale. Nel mondo occidentale infatti il divario ricchi-poveri ha raggiunto il suo massimo all’inizio del ventesimo secolo, per poi ridursi con costanza per decenni. Questo calo è imputabile agli effetti dei due conflitti mondiali e della Grande Depressione: crisi di iperinflazione, distruzione di capitale fisico su larga scala e crollo della Borsa di Wall Street influenzarono negativamente sul reddito delle fasce più agiate della popolazione.
La tassazione
Ma perché la tendenza si è invertita tra gli anni ’70 e ’80?
Secondo studi recenti, la progressività della tassazione e il livello delle tasse di successione incidono molto sul livello delle disuguaglianze di reddito e patrimonio.
Per definizione una tassazione progressiva diminuisce la disuguaglianza da reddito, poiché gli stipendi after-tax sono più vicini tra loro rispetto al loro livello pre-tax. Si diminuisce infatti la distanza tra i redditi più alti e quelli più bassi. Un sistema fiscale più progressivo e tassazione negativa per i redditi più bassi possono limitare l’ampliamento del divario tra ricchi e poveri. Al contrario una minore progressività può accentuare le disuguaglianze e rafforzare l’attuale trend.
Negli ultimi decenni, ricchi e super-ricchi hanno visto aliquote marginali sempre più basse; come si evince dal grafico, diverse nazioni, dal Regno Unito sotto la Thatcher agli Stati Uniti sotto Reagan, hanno drasticamente ridotto la progressività dei loro sistemi fiscali, facilitando l’accumulo di grandi patrimoni. In Italia, l’aliquota massima di imposizione fiscale è passata dal 90% del 1965 al 43% per redditi superiori a €75000 del 2005.
Per quanto riguarda il livello delle tasse di successione, il quadro che emerge è piuttosto simile: la tassazione sul trasferimento di beni a seguito della morte del titolare è salita tra l’inizio del ventesimo secolo e gli anni ’50, per poi scendere rapidamente dalla seconda metà degli anni ’70 in poi. Questo calo ha facilitato il passaggio di grandi eredità di generazione in generazione, mantenendo enormi patrimoni nelle mani di pochi.
Intuitivamente, per rallentare l’aumento delle disuguaglianze si potrebbe dunque fare il contrario di quello che si è fatto finora: alzare la tassazione per il top 10%-1% più ricco. Questa proposta è infatti ancora in sede di dibattito, con economisti quali Diamond e Saez che hanno stimato che il livello ottimale di aliquota marginale in America (livello di tassazione che massimizzerebbe il benessere sociale) si aggira intorno a 70%, decisamente superiore rispetto all’attuale livello (37%).
L’istruzione
Altro fattore che sempre più contribuisce ad aumentare le disuguaglianze da reddito è l’istruzione: coloro che riescono a conseguire i cosiddetti “higher degrees” (Master e PhD) vengono sempre più retribuiti per la loro specializzazione.
Il grafico sottostante di sinistra riporta, in termini percentuali, la retribuzione media oraria di coloro che hanno ottenuto una laurea triennale e di coloro che hanno conseguito un Master/PhD rispetto ai diplomati. I premi di istruzione sono in continuo aumento, in particolare gli “advanced degree premiums”. È infatti normale che nell’era dell’innovazione gli individui più specializzati vengano sempre più remunerati per le loro specifiche competenze.
Ma perché maggiori premi di istruzione portano a crescente disuguaglianza? In breve: perché non tutti hanno le capacità/risorse per fare un dottorato in ingegneria chimica; fino a che l’istruzione superiore rimarrà “per pochi”, così resteranno i compensi.
Incentivare le giovani generazioni a specializzarsi, possibilmente in settori sempre più trainanti dell’economia, offrire un’educazione secondaria che va incontro a ciò che oggi serve nel mercato del lavoro ed espandere opportunità di apprendimento il più possibile sono step fondamentali per andare verso una società più egalitaria.
Fonti: World Inequality Database, The Hamilton Project, Oxfam International, Forum Disuguaglianze Diversità
Immagine di copertina: credit by FEE