Perché gli italiani non sanno parlare inglese? Questa è la domanda a cui ha cercato di trovare risposta Pilipop, applicazione per l’apprendimento della lingua inglese in età infantile. Secondo quando emerso dal loro studio infatti, l’Italia oggi si posiziona al 20esimo posto su un campione di 24 paesi per quanto concerne la padronanza della lingua inglese. Andando a confrontare il nostro Paese con la Danimarca, primo di questa classifica, ci si rende conto però che la quantità di ore che i due sistemi scolastici dedicano all’insegnamento della lingua inglese in età infantile sono identiche.
Quello che differisce è il metodo pedagogico: quello Danese è un metodo incentrato sull’espressione orale e l’esperienza che incentiva inoltre i bambini ad utilizzare l’inglese anche al di fuori della scuola per guardare film in lingua originale, consultare siti web in inglese e sfruttare le occasioni di viaggi all’estero per parlare inglese. In Italia invece, solo il 18% dei cinema proietta film in lingua originale e il 41% degli italiani rifiuta di vedere un film sottotitolato. È possibile trovare tutti i dettagli della ricerca effettuata da Pilipop su questa infografica. Per saperne di più abbiamo intervistato Patricia Magro, responsabile comunicazione di Pilipop.
Patricia, descrivici PiliPop, che cos’è e com’è nata l’idea
Pili Pop è un’applicazione per l’appredimento dell’inglese creata appositamente per i bambini dai 5 ai 10 anni. Disponibile su Iphone e Ipad, Pili pop aiuta i più piccoli a imparare l’inglese in modo efficace ma divertente.
Progrettata in collaborazione con esperti di lingue, l’app propone attività innovative di comprensione ed espressione orale supportate da uno specifico sistema di riconoscimento vocale. Le attività a disposizione vengono aggiornate ogni mese con nuovi temi e personaggi in modo da mantenere costante l’interesse dei bambini e la loro voglia di imparare giocando.
Pili Pop è stata fondata nel 2012 a Parigi da Elsa Prieto, Soiny Duval e Eugène Ernoult, età media 26 anni. Avendo vissuto all’estero ed avendo sperimentato in prima persona la difficoltà di dover imparare l’inglese troppo tardi, Elsa, Soiny e Eugène hanno creato Pili Pop per aiutare i giovani del futuro ad imparare l’inglese nell’età giusta, quella in cui il cervello è capace di assimilare suoni diversi senza grandi sforzi.
Pili Pop nasce proprio come supporto destinato a tutti i genitori che vogliono offrire ai loro bambini l’opportunità di imparare l’inglese senza spendere cifre astronomiche, restando comodamente a casa. In tutto il mondo.
Quali pensi siano i problemi principali del sistema educativo italiano?
Se ripenso alla mia esperienza passata, direi che il nostro metodo d’insegnamento è spesso troppo scolastico e lontano dal quotidiano degli alunni. Le scuole italiane, come anche quelle francesi, danno molta importanza alle regole e alle nozioni teoriche. Questa propensione alla cultura enciclopedica non stimola i bambini a sperimentare approcci creativi. Credo che certe cose si imparino meglio attraverso l’azione e la simulazione di situazioni reali e questo è particolarmente vero per le lingue. Gli insegnanti dovrebbero adottare un approccio più flessibile e spontaneo. Meno lezioni frontali e passive, più laboratori e discussioni vere! Il mondo di domani ha bisogno di menti creative e intraprendenti e la scuola dovrebbe essere una palestra, non un freno alla creatività.
Relativamente a questo tema, quale causa individui della relazione problematica tra gli italiani e l’inglese?
I bambini italiani sono meno esposti alla lingua inglese nel loro quotidiano rispetto ai vicini europei. Siamo nel complesso molto fieri e affezionati al nostro retaggio culturale. Non è un atteggiamento da condannare ma sicuramente non facilita l’apertura a culture straniere. Ad esempio, i paesi nordici eccellono in inglese non tanto perché si tratta di lingue simili, ma proprio perché l’immersione nella lingua inizia fin da piccoli, ad esempio con i cartoni in lingua originale o le canzoncine in inglese.
Come siete giunti ad individuare i fattori causali del problema?
Paragonando la situazione delle scuole italiane e di quelle danesi, paese primo in classifica per quanto riguarda la conoscenza dell’inglese, ci siamo resi conto che le ore di inglese a scuola erano pressoché le stesse nei due sistemi. Dopo aver consultato diversi siti e statistiche, siamo giunti alla conclusione che le ragioni di questa differenza nord-sud sono essenzialmente di natura culturale e pedagogica. Da un lato i bambini nordici sono più esposti all’inglese fin da piccoli, dall’altro i metodi di insegnamento sono meno incentrati sulla grammatica e sulle regole e più sulla conversazione e la simulazione di situazioni reali.
Secondo quanto da voi riscontrato, quale potrebbe essere una possibile soluzione per eliminare o quanto meno ridurre l’effetto negativo di questi fattori?
Il contesto culturale e il sistema educativo evolvono lentamente, al passo delle generazioni. Un passo avanti rispetto al passato si nota già: sempre più italiani viaggiano e trascorrono lunghi periodo all’estero, sempre più giovani assimilano usi e costumi condivisi diversi da quelli dei loro genitori.
Sicuramente internet e la tecnologia hanno aperto una porta importante per quanto riguarda l’esposizione all’inglese ed altre lingue. I servizi di streaming, le chat e altre realtà digitali conducono sempre più italiani a consumare contenuti in lingua originale o a sforzarsi di imparare le basi di una lingua straniera. I genitori che vogliono crescere bambini bilingui o quasi hanno ormai a disposizione diversi strumenti per raggiungere l’obiettivo, è una questione di sensibilità alle lingue e di priorità.
Il fatto che l’inglese sia una conoscenza strategica è ormai una verità condivisa, il passaggio dalla presa di coscienza all’azione vera e propria è faticoso ma inesorabile.