“Riduzione dei tassi d’interesse americani non ha senso” (Prof. Shiller, premio Nobel Economia) mentre Trump passa in Banca

Siamo giunti ad Agosto, mese di vacanza, non certamente per i mercati finanziari, anzi come da sempre, periodo da guardare con molta attenzione: si cominciano a delineare le tendenze che ci aspetteranno per i mesi futuri. Ok, il “denaro non si ferma”, ma il resto? Qualcuno mi dirà che comunque è un mese di vacanza in Europa, e mai come in questo caso, sarebbe azzeccata la fatidica considerazione di Marchionne in occasione della sua visita a uno stabilimento Fiat all’inizio del suo incarico, quando alla domanda, dove fossero gli operai, ricevette la risposta: “Dottore, in ferie” e lui prontamente disse “ in ferie da cosa?”.

Ebbene, a quel tempo, Fiat perdeva circa 5 milioni di € al giorno, mentre adesso in Europa la produzione è ferma allo zero virgola, per non parlare di quella italiana alla quale è stata tolta anche la virgola; ecco che l’ultimo annuncio di Draghi (BCE) di terminare il suo mandato continuando in una politica monetaria espansiva (QE e taglio dei tassi) trova in questa situazione la sua giustificazione, una scelta necessaria, tuttavia scopriremo in seguito se sarà sufficiente a salvare un ciclo economico europeo che continua a soffrire per molte altre ragioni, e la cui responsabilità non sono certo da imputare al governatore della Banca Centrale Europea.

Spostiamoci in America, dove lo scenario è completamente diverso, l’ultimo dato ci dice che sono stati creati 164.000 nuovi posti di lavoro in Luglio e la disoccupazione è al minimo degli ultimi 50 anni, stabile al 3,7%,  i salari sono cresciuti del 3,2% rispetto all’anno precedente. Il Pil americano gode di buona salute con tassi di crescita del 2,1%, l’inflazione è vicina al target del 2% . Con questi numeri la regola generale direbbe che la Fed avrebbe dovuto alzare i tassi, ci ricorda il professore Shiller di Yale, premio Nobel per l’economia.

L’autorevolezza del Professore è indubbia, ma altrettanto, senza alcun dubbio, gli studenti del primo anno di economia affermerebbero lo stesso. La teoria e una dose di buon senso economico ci conferma che i tassi dovrebbero essere tagliati quando l’economia rallenta, tuttavia la motivazione dell’ultimo taglio di 25 punti base del tasso di interesse americani potrebbe trovare una motivazione nella paura di un crollo dei mercati azionari, la storia economica ci ha insegnato che l’errore nel 1929 di alzare i tassi per raffreddare l’eccessiva valutazione del mercato comportò un disastro. Tuttavia anche quest’ultima spiegazione non basta a motivare la scelta di J.Powel (Fed), in fin dei conti raffreddare un pò i mercati  che ogni giorno raggiungono nuovi record non sarebbe stata una scelta fuori luogo, invece la vera sfida sui mercati la sta conducendo Donald Trump, il quale per la corsa alla elezione del secondo mandato doveva pur trovare gli sponsor della campagna elettorale, allora bisogna andare dove ci sono i denari, dove  meglio della Fed .

Non possiamo non riconoscere la sua intraprendenza e spregiudicatezza passando subito all’azione: primo convincere J.Powel, per tassi che rimangano bassi, poi sostenere la crescita degli utili aziendali con la riforma fiscale e infine giocarsi, prima o poi, la carta di un miglioramento delle relazioni commerciali con la Cina. Partita molto difficile da gestire, ma se Trump ci riuscisse, questo comporterebbe una crescita globale migliorata e un vantaggio particolarmente vantaggioso per l’America con una possibile crescita in brevi tempi dei mercati azionari americani. Bisogna però ricordare come le considerazioni del Presidente Trump fossero diametralmente opposte nel 2011 (durante la presidenza Obama) quando si scagliava attraverso tweet contro i “soldi facili” dovuti a bassi tassi e QE, affermando che “…needs to be stopped or will face record inflation”.

Ora la pensa, per opportunismo elettorale, diversamente, tuttavia aveva ragione nel pericolo di fiammate inflazionistiche future, l’azzardo della politica sta nelle regole del gioco, ma poi arriva l’ultima mano e allora i risultati possono essere solamente due: si vince oppure si perde. Nel caso di vincita la Banca Centrale vorrà i denari indietro e in questo caso come diceva anche Trump attraverso “will face record inflation”, nell’altro scenario di perdita, il successore chiederà alla Fed di rimettere in ordine i mercati e, come sempre è accaduto, gli investitori scopriranno anche questa volta che “nessun pasto è gratis”. Tra un drink e altro seguiamo l’evoluzione perché i tempi si fanno interessanti.