Sharitaly, i Risultati della Mappatura delle Piattaforme Collaborative e di Crowdfunding

La sharing economy in Italia è viva e in continua evoluzione. È questa la principale indicazione che emerge dalla mappatura delle piattaforme collaborative e di crowdfunding presentata la scorsa settimana a Sharitaly, l’evento dedicato all’economia collaborativa svoltosi gli scorsi 9 e 10 novembre a Milano e organizzato da Collaboriamo, piattaforma di informazione e consulenza sull’economia collaborativa, e da TRAILab, laboratorio dell’Università Cattolica che si occupa di ricerca-intervento sulle azioni trasformative.

Due le ricerche presentate, complementari tra loro, che aggiornano i dati del 2014 con l’obiettivo di fotografare lo stato dell’economia collaborativa in Italia.

La prima, “Sharing economy: la mappatura delle piattaforme italiane 2015”, curata da Collaboriamo.org, con il supporto di Phd Italia e coordinata da Marta Mainieri, è un’indagine sulle piattaforme collaborative in Italia e si pone l’obiettivo delineare un quadro delle caratteristiche dei servizi attivi nel nostro paese. La ricerca è consultabile per intero qui.
La seconda, “Il crowdfunding in Italia. Report 2015: statistiche, piattaforme e trend”, è stata realizzata dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con Tim e Starteed e coordinata da Ivana Pais, docente di sociologia economica dell’Università Cattolica e può essere consultata per intero qui.

In Italia l’economia della condivisione conta oggi 187 siti operativi, ossia il 35,5% in più rispetto all’anno passato, passando da 138 a 187. Di queste, 118 sono piattaforme di sharing, 21 in più del 2014 (97), dato che corrisponde a una crescita del +21,6%. Le piattaforme attive specializzate nel crowdfunding risultano invece 69, 28 in più dello scorso anno (41), con un incremento quindi del +68,2%.

Le piattaforme di sharing economy censite sono suddivise in 12 settori. Quelli in cui si concentrano maggiormente le aziende dell’economia collaborativa italiana rimangono, come l’anno scorso, i trasporti, che rappresentano il 19% delle piattaforme analizzate. Seguono lo scambio di beni di consumo (15%), il turismo (15%), l’alimentare (9%), cui quest’anno si aggiunge la cultura (9%). “Le piattaforme di sharing economy continuino a crescere in tutti i settori, a dimostrazione che la sharing economy non sia un settore ma un modello di servizio che si applica in tutti gli ambiti” spiega Marta Mainieri, ideatrice e curatrice insieme a Ivana Pais di Sharitaly.

Le piattaforme di sharing italiane sono ancora molto giovani, la maggior parte ha poco più di due anni di vita. Non a caso, secondo le stime elaborate la domanda ha ancora molti margini di crescita: il 51%delle piattaforme di sharing ha infatti meno di 5mila utenti, anche se l’11% ne registra però oltre 100mila, un numero che inizia a permettere alle piattaforme di innescare circoli virtuosi. Lo stesso vale per le piattaforme di crowdfunding: circa la metà di queste ha un numero di donatori inferiore a 500, e il 9% supera i 50mila.

Il giro d’affari generato dalle piattaforme di crowdfunding è però in forte crescita: con 56,8 milioni di euro dall’inizio del 2015, si registra un +85% rispetto ai 30,6 milioni di euro dello scorso anno. Il 45% delle 69 piattaforme attive si basa su ricompense, il 19% su donazioni, un altro 19% è rappresentato da piattaforme equity e il 4% si fonda sul debito. Il 13% del totale è rappresentato da piattaforme ibride; all’interno di queste, il modello più diffuso è quello che unisce ricompense e donazioni. “La crescita delle piattaforme di crowdfunding dipende da processi di differenziazione potenzialmente virtuosi, non da semplice imitazione. Crescono i volumi raccolti anche se siamo ancora lontani dai Paesi leader. E nel contesto di questa crescita si conferma la natura sociale e civica del crowdfunding italiano”, aggiunge Pais.

Un ulteriore indice di maturità del mercato, è dato dal 70% delle piattaforme di sharing iscritte al registro delle imprese. Si tratta prevalentemente di Srl (56%), cui si aggiunge il 26% di start up innovative. Dati analoghi si riscontrano nell’ambito del crowdfunding, dove le Srl rappresentano il 52,5% delle piattaforme, e le start up innovative il 17,5%.

Interessante inoltre evidenziare che a frequentare le piattaforme di sharing economy sono quasi in ugual misura uomini (47,2%) e donne (52,8%), con un’età compresa prevalentemente tra i 25 e i 44 anni (60%). Sempre in relazione all’aspetto demografico, emerge come gli imprenditori delle piattaforme collaborative (sia di sharing che di crowdfunding) siano prevalentemente uomini, sotto i 40 anni, laureati, con una formazione in ambito economico o ingegneristico. Circa 2 su 3 sono uomini, mentre le donne rappresentano il 32% per il crowdfunding e il 27% per la sharing.

Dunque, tanto per la sharing economy quanto per il crowdfunding il mercato italiano mostra segni di crescita e consolidamento, anche se manca un ecosistema capace di far decollare questi servizi. Di fatto, l’81% delle piattaforme di sharing e il 65% di quelle di crowdfunding dichiara di aver utilizzato prevalentemente risparmi personali per lanciare il servizio. Sono infatti ancora minime le percentuali riservate a forme di investimento più strutturate. In generale, infatti, gli imprenditori della sharing economy per crescere chiedono più finanziamenti (73% sharing, 50% crowdfunding), più cultura (73% crowdfunding; 47% sharing), partnership con aziende (50% sharing, 58% crowdfunding), e solo il 16% delle piattaforme di sharing e il 29% di quelle di crowdfunding chiede più norme.