Tra Innovazione e Tradizione, Docente e Studenti: una Chiaccherata con il Professore Giuseppe Lupo

Come afferma ogni sacrosanta legge dell’esistenza tutto è destinato a mutare in base al contesto e ai tempi, ed inevitabilmente anche le abitudini, la cultura e i saperi. Ed è proprio questo il tema su cui ci soffermeremo: il convergere delle modalità di insegnamento tradizionali e digitali “2.0” che fanno quasi da padrone nelle più prestigiose università italiane. Infatti, con l’avvento della modernità e della cifra a tre zeri anche le aspettative nel mondo del lavoro sono andate a modificarsi, lasciando un baratro tra ciò che “fu” e ciò che “è”, apparentemente in contrasto ma come conseguenza naturale delle azioni di ieri.

Non è affatto sbagliato affermare che se prima un neolaureato aveva possibilità di inserimento lavorativo al 90%, oggi invece deve lottare con tutte le forze per essere notato e  “messo in prova” da lì a qualche mese, un termine da orticaria, come se fino a quel momento non ce ne fossero state già abbastanza di prove da superare. Quindi, cambiati i tempi sono venute a rinnovarsi anche le modalità di insegnamento e il nascere di nuovi corsi di laurea, ibridi, le cosiddette interfacoltà, pronte a sfornare figure professionali poliedriche. Eppure questo potrebbe non bastare. Quello che spesso manca ai giovani è quel pizzico di tenacia e audacia, il non rinunciare mai e avere costantemente gli occhi aperti per saltare sul primo treno che passa davanti. Sembra pura retorica ma non lo è, soprattutto se ad affermarlo non è uno studente che cerca di farsi forza dopo il vuoto dei festeggiamenti di laurea e la solita domanda “cosa ne sarà di me?”, ma un docente universitario.

E’ così che si presenta ai nostri lettori Giuseppe Lupo, docente di letteratura italiana contemporanea dell’Università Cattolica di Milano e scrittore (Atlante Immaginario, Marsilio 2014, il suo ultimo libro), il quale con leggerezza svela il retrogusto di un’amara riflessione: quella del “tutto e subito”. Ok, siamo la generazione più sfortunata della Storia. Ok, studiare giorno e notte potrebbe non bastare. Ci sono mille “se e ma”, tuttavia nessuno ha fatto il successo né la storia con i “se” e con i “ma”. Pertanto le parole chiavi potrebbero essere due: dedizione e determinazione. Attraverso racconti inediti, consigli, esperienze personali e punti di vista originali ricorda ai giovani che bisogna lottare con il peso del proprio corpo e quindi con perseveranza, perché se a dirlo è un docente peraltro anche lucano allora non può lasciare indifferenti.

Quanto e come ha visto cambiare l’università nel corso degli anni ripercorrendo la sua esperienza dapprima da studente e oggi da docente?

“Il passaggio grande è avvenuto negli anni Novanta, quando è stata introdotta la divisione in laurea triennale e laurea specialistica. Da quel momento è cambiato il modo di concepire lo studio e il criterio quantitativo ha preso il sopravvento. La cosa che noto sempre di più e per la quale, se fossi studente, mi sentirei a disagio è la polverizzazione delle materie, la sensazione di frammentarietà che determina un’accelerazione progressiva nella preparazione degli esami. Un tempo avevo l’impressione che alcuni esami andassero affrontati come se corressi una maratona. Oggi tutto è breve, rapido. Insomma è finita l’epica anche nel modo di studiare ed è subentrata la cronaca”.