Agli occhi della Cina Bruxelles è un attore essenzialmente economico. L’Europa rappresenta un mercato ricco di potenzialità per gli investimenti cinesi, le cui operazioni nel continente sono cresciute da un valore di 2 miliardi di dollari nel 2010 a ben 18 miliardi nel 2014. La percezione di Pechino è confermata da Zhang Jian, direttore del China Institute of Contemporary International Relations (fra i più prestigiosi think tank di politica estera della RPC, nonché voce del Partito) intervenuto lunedì ad un seminario all’Università degli Studi di Torino; il tema: come la Cina vede l’UE dopo la crisi del 2008.
Il discorso inizia con toni cupi: la “crisi del debito”, solo in parte superata, paralizza l’Eurozona indebolendo imprese, consumi e investimenti; la disoccupazione, il declino degli stili di vita, la povertà nell’Europa del Sud alimentano il disagio sociale, prosegue Zhang. Il deficit è il filo conduttore di tutto l’intervento.
Ma nonostante il “pessimismo verso l’integrazione europea” dei media cinesi, Zhang vede anche gli aspetti positivi: l’Europa ha dimostrato la sua forza promuovendo un’agenda di riforme strutturali apprezzate da Pechino. L’austerità, il fiscal compact, il Patto di Stabilità erano necessari per contenere il deficit e ristabilire la “prudenza finanziaria”. Due esempi: Spagna, che superate le difficoltà crescerà del 3,10% nel 2015, e Italia, dove Renzi avrebbe promosso un pacchetto di riforme molto positive, dal jobs act al Senato: se completato, si tratterebbe di una “rivoluzione senza precedenti”.
Zhang invita a proseguire sulla linea delle riforme e loda il quantitative easing della BCE, che però ha ancora molto da fare. ll ruolo della Banca come volano della stabilizzazione dell’Unione durante la crisi viene più volte rimarcato. L‘Eurozona è “il vero core dell’Europa”, più coeso di prima: Zhang auspica la sua espansione e la convergenza tra Stati sul budget e per l’isitituzione di un “Ministero delle finanze dell’Eurozona” e di un “Presidente europeo”. Il monito: l’UE deve “prima pulirsi e rendersi più forte, poi relazionarsi con l’esterno”, ma certamente costituisce “un attore di cui non si può fare a meno.”
Richiamata l’urgenza della coesione politica. Il successo di partiti “estremisti e di estrema destra” che mettono in discussione l’Europa mina la coesione e denota la riemersione del “nazionalismo della II Guerra Mondiale”. Zhang denuncia il grave “distrust”, che si estende a livello interstatale e danneggia l’identità europea. Le sue osservazioni ci ricordano le due categorie che più temono l’instabilità: cinesi e investitori.