Lo scenario editoriale deve fare i conti con un’innovazione nella distribuzione dei libri.
È, infatti, da novembre 2015 che il colosso del commercio online Amazon, sta aprendo le sue prime librerie fisiche in giro per gli Stati Uniti. A partire da Seattle, le Amazon Books si sono diffuse anche a San Diego e Portland: la prossima mossa è approdare a Midtown Manhattan, un quartiere al centro dell’omonima isola.
Il concept dei punti vendita di Jeff Bezos, CEO di Amazon, è un po’ diverso dal modello tradizionale. Se da un lato l’aspetto è molto simile alla classica libreria, dall’altro si differenzia per un aspetto fondamentale: non ci sono i prezzi.
Per effettuare l’acquisto, è necessario scannerizzare il codice del libro e accedere all’applicazione di Amazon: la spesa di un lettore si basa quindi sul prezzo imposto dall’e-commerce. Inoltre, se la libreria fisica dovesse deficitare di un titolo, il sistema di approvvigionamento è perfettamente integrato con i depositi dedicati al portale web.
Ma non è tutto. Secondo il CFO di Amazon, Brian Olsavsky, le librerie sono impiegate anche come vetrina per gli hardware prodotti internamente: non solo fungono da volano per le vendite dei dispositivi, ma sono l’espediente per fidelizzare il cliente, farlo diventare un fan.
Gli effetti sono stati immediati: le vendite dei dispositivi Echo, l’assistente personale tecnologico creato dal gigante di Bezos, sono lievitate nove volte rispetto all’anno precedente. È indubbio che il contatto fisico con il prodotto e la prova pre-acquisto costituiscano ancora un tassello importante del processo decisionale di un cliente.
Tuttavia, la scoperta di Amazon è un po’ una vittoria di Pirro.
È, infatti, risaputo che la comodità di fare acquisti dal proprio divano non potrà giocare ad armi pari con il rapporto tra commerciante e cliente o con la soddisfazione personale di aver dedicato una parte del proprio tempo libero a esaudire un desiderio.
La digitalizzazione può affascinare e stregare, ma l’essere umano è un animale sociale, il cui bisogno d’interazione si soddisfa attraverso il contatto diretto con conoscenti e negozianti. Ecco spiegato il motivo del successo di quelle piccole botteghe, librerie o drogherie cittadine: quei punti di ritrovo del quartiere che non fanno solo girare l’economia, ma sono anche punti di aggregazione sociale per persone molto diverse ma accomunate da una passione o da un bisogno.
Questi posti hanno una filosofia comune, non importa in quale angolo del mondo si trovino: lo staff si comporta con i propri clienti allo stesso modo in cui esso stesso desidera essere trattato.
Lo dimostra una piccola libreria londinese Heywood Hill, che ha recentemente celebrato il suo ottantesimo anniversario. Con un’atmosfera simile alla storica parigina Shakespeare and Company, è la libreria più amata da Londra. Il tempo si è fermato all’era pre-digitale, ma come afferma Nicky Dunne, direttore per quarantasei anni,
Il suo business model non si affida ai classici bestseller inflazionati: al contrario, è più probabile trovare una collezione di racconti africani o una versione usata delle memorie di un autore sconosciuto del passato. Il catalogo si è formato attorno ai gusti dei propri clienti, senza la pretesa di snobbare i casi editoriali più mainstream. Alcuni potrebbero giudicarlo un “covo per aristocratici pretenziosi”, ed effettivamente il suo fondatore frequentava la Old Etonian, una scuola per giovani della classe abbiente.
La medaglia si ribalta quando si scopre che, durante la Seconda Guerra Mondiale, Nancy Mitford, direttrice ad interim, ha fatto della Heywood Hill un “centro per la Londra che aveva abbandonato tutto ciò che fosse correlato con la moda e l’intelletto”. Un cronista racconta che
E con sole tre sterline alla settimana, Nancy Mitford ha soddisfatto le esigenze bibliofile dei suoi clienti fino al ritorno del direttore Hill. Ecco il valore aggiunto di Heywood Hill. Questa libreria è perfettamente consapevole di non poter competere con Amazon o altri colossi editoriali. Il suo unico scopo e destino è comprendere i propri consumatori, le loro esigenze e i loro gusti meglio di un algoritmo.
E dopo ottant’anni, la sua piccola bottega editoriale ha ancora la forza di far sentire la sua voce con il contest “A Year in Books”, grazie al quale il vincitore ha ottenuto un libro al mese offerto dalla libreria per un anno o attraverso una distribuzione in oltre 60 Paesi.

L’attuale direttore, Nicky Dunne, ha inoltre avviato nuove iniziative: mensilmente mette insieme una biblioteca a tema da dedicare alle scuole o su commissione di qualche famiglia facoltosa. Infine, ha stretto una partnership sia strategica che culturale con l’hotel stellato Beaumont, il quale si rifornisce costantemente dalla Heywood Hill per intrattenere i suoi ospiti. Addirittura, il proprietario Jeremy King in persona afferma:
C’è sempre spazio per l’aggregazione sociale alla vecchia maniera nei punti di ritrovo, in quelle vie di mezzo tra il “circolino” e il caffè degli artisti bohemien. D’altronde, l’unica risposta che può dare un algoritmo è un insieme di sterili codici informatici, mentre il libraio di fiducia dura una vita. E la Heywood Hill lo dimostra da ben ottant’anni.