Atlante: il personaggio mitologico che, per essersi alleato con Crono, il padre di Zeus, fu costretto a reggere sulle spalle l’intera sfera celeste. Atlante: la prima vertebra della colonna vertebrale. Atlante: catena montuosa dell’Africa nord-occidentale che si estende tra Marocco, Algeria e Tunisia. Atlante, e veniamo a noi: il nuovo fondo di investimento creato dal governo italiano, il cui scopo sarebbe quello di risollevare le sorti del sistema bancario del Belpaese (che proprio bene non se la passa!).
Insomma, dopo lo scalpore creato dal fantomatico Bail-in (di cui abbiamo parlato in questo articolo) e dal decreto salva-banche, una nuova creazione di stampo governativo torna a scaldare gli animi degli italiani.
Due i principali compiti affidati al fondo in questione: risolvere il problema dei crediti in sofferenza (o “non performing loans”), vale a dire quei crediti che le banche hanno difficoltà a recuperare; gli aumenti di capitale che a breve Veneto Banca e la Popolare di Vicenza saranno chiamate ad effettuare. Per raggiungere questi obiettivi, il nostro Atlante è stato dotato di una cospicua somma di capitali provenienti dalle principali banche italiane (prime fra tutte Unicredit e Banca Intesa), da fondazioni bancarie e altri istituti.
Arrivato il titano Atlante, le reazioni sono state contrastanti: c’è chi, come Moody’s e il Financial Times, ha ritenuto la liquidità insufficiente e la partecipazione al fondo estremamente rischiosa. Dall’altro lato, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europea hanno accolto (pare) con entusiasmo la nascita di questa nuova creatura partorita dal governo.
In una recente intervista, infatti, Benoit Coeuré (uno degli uomini di fiducia di Mario Draghi, in foto) ha elogiato il fondo affermando che “è un’iniziativa per ricevere la fiducia e va nella giusta direzione”. Ancora, intervistato dal Sole 24 Ore, sostiene “ I Non-performing loans sono una questione che riguarda anche la politica monetaria se ostacolano la sua trasmissione e sono uno dei fattori che pesano sulla crescita nell’area euro, e non solo in Italia. […] il fondo mostra la volontà di tutte le parti interessate ad affrontare la questione prontamente e con tempismo. Ma al di là di questo, i Npl devono essere affrontati alla radice, non solo nei bilanci delle banche, ma migliorando la salute dei debitori”.
Auspicando, poi, una riforma della disciplina fallimentare, ha così concluso: “In generale, la crisi ci ha insegnato che la ripresa nell’eurozona è stata ritardata, in confronto con gli Usa, perché siamo stati troppo lenti nell’affrontare i problemi delle banche e c’è stata troppa tolleranza della vigilanza. […] questa è la ragione per cui la vigilanza unica europea è stata creata”