Nei 30 anni precedenti al 2011, la Cina è stata in costante crescita, ad un tasso annuale medio del 10.2%. Un risultato del genere non è mai stato raggiunto da nessuna nazione nello scenario storico post-bellico ed ha aiutato il Paese ad essere uno dei maggiori player dell’economia globale. Adesso però la situazione sembra cambiata. La crescita annuale cinese è rallentata e l’obiettivo di crescita nel 2014 era “solamente” del 7.5%. In particolare i dati del terzo trimestre mostrano un netto rallentamento della crescita economica, al livello più basso degli ultimi cinque anni secondo le cifre diffuse dal governo.
Nei mesi di luglio-agosto-settembre il prodotto interno lordo della seconda economia mondiale è salito del 7.3%, leggermente al di sopra delle attese degli analisti (7.2%). Inoltre, stando al report del Conference Board, un gruppo di ricerca economica, la crescita cinese sarà probabilmente dimezzata nei prossimi dieci anni. Negli prossimi sei anni, in particolare, le previsioni parlano di una decrescita continua, di un “soft landing”, fino a raggiungere il tasso annuale del 4% per il 2020.
“L’incredibile successo cinese è stato possibile grazie a un modello di sviluppo unico nella storia” ha sottolineato David Hoffman, co-autore del report del Conference Board. “Ma le caratteristiche di questo approccio, ovvero una forte ingerenza statale e politiche monetarie definite per la crescita, hanno anche grossi rischi. Il percorso di crescita cinese ha sempre avuto i presupposti per un processo di decrescita ugualmente rapida. Stiamo cominciando a vedere i primi segni di questa trasformazione”.
Altri esperti del settore però sono più ottimisti. Se è vero che l’economia cinese sta rallentando, la crisi del Paese non ha nulla a che fare con i problemi che assillano altre economie emergenti; al contrario, essa sottintende uno sviluppo positivo. Secondo alcuni non è, infatti, né auspicabile né fattibile per la Cina mantenere il trend del 10% di crescita annua che ha caratterizzato i tre decenni successivi al 1980. Molte economie, inoltre, potrebbero beneficiare di un ritmo di crescita cinese più moderato. Per esempio sarebbe più facile attrarre lavoratori qualificati, e ci sarebbero più opportunità di investire in aziende locali. Resterà da vedere quali saranno gli effetti di questo soft landing, alla luce delle previsioni dell’International Monetary Fund (che prevede un tasso del 6.5% per il 2016) e della World Bank (leggermente più ottimista con un tasso previsto del 7.1%).