FICO, la “Disneyland del Cibo”

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Il 15 novembre scorso è stato inaugurato FICO – Eataly World, il parco a tema dedicato all’alimentazione e all’agroalimentare più grande del mondo. L’acronimo sta per Fabbrica Italiana Contadina, ed è il frutto della collaborazione tra il gruppo internazionale di Farinetti e Coop. Il parco, realizzato in tempi da record con un investimento di circa 120 milioni di euro, si estende per circa 20.000 metri quadri nella periferia nord-est della città di Bologna, dove sorgeva l’ex centro agroalimentare, nato negli anni novanta come piastra logistica. Il Comune di Bologna ha ceduto i diritti d’uso dell’area, diventando insieme alla Regione Emilia Romagna e alla Camera di Commercio di Bologna uno dei principali promotori del progetto.

La mission di FICO consiste nel voler raccontare al mondo l’eccellenza enogastronomica e la bellezza dell’agroalimentare italiano, racchiudendo in un unico luogo la tradizione locale, la cultura del cibo di alta qualità e le competenze delle persone che da sempre lavorano nelle filiere agroalimentari. L’idea di Farinetti consiste, infatti, nel mostrare tutte le fasi di trasformazione del prodotto, dal campo o dal cortile fino al piatto finito e al consumo.

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Il parco è un luogo dove si può mangiare, comprare e imparare come nasce il cibo italiano; è aperto tutti i giorni e l’ingresso è gratuito (si paga per tutto ciò che si fa o si acquista all’interno). Ecco che a FICO potrete trovare 200 animali di varie razze, circa 2 mila differenti varietà di coltivazioni, 40 fabbriche alimentari (dove vengono prodotti pasta, olio, vino, formaggi, dolci, trasformate carni e allevati pesci), 45 luoghi di ristoro (dai ristoranti stellati allo street food) e 9 mila metri quadrati di mercato e botteghe dove poter acquistare cibo e design per la cucina (sono infatti presenti anche imprese di interior design quali Alessi, Guzzini, Kartell). Ogni giorno vengono organizzati 30 eventi e 50 corsi in aule, teatro e spazi didattici. Per i bambini e i ragazzi sono state progettate sei giostre educative multimediali, dedicate al rapporto dell’uomo con il fuoco, la terra, gli animali, il mare e alle lavorazioni di vino, olio e birra; mentre la sesta riguarda il rapporto tra l’uomo e il futuro e consiste in un giardino coperto dove i visitatori hanno la possibilità di piantare i propri semi e monitorare la loro crescita a casa tramite un’App. Per finire, il parco comprende anche un centro congressi modulabile, un cinema, un auditorium ed è prevista a breve la costruzione di un albergo. L’obiettivo dichiarato da Farinetti è di raggiungere i 4 milioni di visitatori nel primo anno e arrivare a 6 milioni nel 2020.

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Come ci si può aspettare per un progetto di tali dimensioni, l’opinione pubblica è divisa tra i fermi sostenitori del parco e chi invece ne sottolinea le debolezze. Tra questi spicca il Guardian, che ha criticato la scelta di Eataly di voler “celebrare la cultura alimentare italiana, ma in un modo che non è affatto italiano”. Il quotidiano inglese ha definito FICO come “Wholefoods pompato di steroidi”, un “tradimento della gastronomia italiana” e ha accusato Farinetti di aver evocato una “visione distopica del futuro”. Questo è dovuto anche alla quasi totale mancanza di collegamento tra FICO e la tradizione bolognese e regionale, che rende anche molti bolognesi scettici di fronte a questa nuova apertura. Una delle critiche riguarda le “fabbriche contadine”, che seppur siano molto interessanti in quanto nuovi centri di formazione, dimostrazione e ricerca aziendale per le aziende e banco di prova per nuovi prodotti, sono presentate come delle vere e proprie industrie. Le piccole coltivazioni e stalle di animali all’esterno, tutte progettate a scopo dimostrativo e non operativo, non bastano a ricreare l’atmosfera contadina. Molti visitatori sottolineano come piccole imprese territoriali meglio avrebbero mostrato tutto il processo della filiera produttiva, dalla materia prima al prodotto finito.

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All’interno del parco si ha la sensazione di essere a contatto con le migliori aziende agroalimentari del made in Italy, quando in realtà si tratta sì di importanti imprese italiane, esempi di imprenditorialità di successo nel nostro paese, ma presenti perché storiche partner commerciali di Eataly e Coop. L’aspetto forse più discusso è quello educativo e formativo, a causa della sovrapposizione tra educazione e business, tra prodotto generale e brand. Se, però, ci concentriamo esclusivamente sul lato commerciale, FICO non ha rivali nel suo genere ed è probabilmente il retail shop più innovativo al mondo. In un momento in cui la vendita al dettaglio è in forte crisi, e i consumatori preferiscono sempre più acquistare prodotti online, FICO è stato capace di innovare l’esperienza retail del consumatore, attraverso l’intrattenimento, il coinvolgimento e l’educazione interattiva.

Senza dubbio solamente il tempo potrà rivelare il successo o l’insuccesso di questo straordinario progetto…nel frattempo perché non andare a fare una visita e giudicare noi stessi la nostra esperienza?

 

Chiara Sartorelli