Give Me Yesterday, l’Osservatorio come Degno Erede della Fondazione Prada

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Le porte dell’ascensore si aprono e la cupola maestosa della Galleria è la prima cosa che salta all’occhio. L’Osservatorio, spazio dedicato a fotografia e linguaggio visivo inaugurato il 21 dicembre 2016, nato come progetto culturale della più famosa Fondazione Prada, si trova infatti in una posizione surreale: quinto e sesto piano della Galleria Vittorio Emanuele II di Milano, proprio lì, sopra a quello splendido passage fatto di vetro temperato e ferro battuto, simbolo della città meneghina quanto il Duomo.

La luce che entra dalle grandi vetrate, il legno del parquet e le pareti chiare fanno da giusta cornice alla mostra fotografica Give Me Yesterday, una raccolta che vede protagonisti ben 14 autori che hanno saputo reinterpretare a loro modo la realtà attraverso la macchina fotografica.

Give Me Yesterday non si presenta come una raccolta di fotografie astratte e prettamente artistiche, ma come sintesi di storie comuni e rappresentazione di importanti momenti che gli artisti hanno vissuto in prima persona. La fotografia, però, non è per questo banale: la maggior consapevolezza riguardo la costante onnipresenza della macchina fotografica nella vita di tutti i giorni porta alla diffusione di un atteggiamento di costante tensione recitativa e performativa. Riunioni di famiglia si trasformano in sceneggiate, madri in attrici, gite al mare in murales frammentati. Le immagini costituiscono così una combinazione del tutto inedita tra fotografia istantanea e allestita.

La prima raccolta che attira la mia attenzione: Pretend Your’re Actuallu Alive. Leigh Ledare fotografa sua madre, Tina, tra situazioni intime e private, dal “rituale” della lacca a rapporti con altri uomini, compagni sconosciuti. Trasgredendo quelli che sono i tabù della struttura famigliare, Ledare disegna un ritratto ricco e sfaccettato della donna, evidenziandone non solo i desideri, ma anche le fragilità e le anomalie.

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Subito dopo, da pranzi a base di ramen a concerti rock, il blog fotografico di Wen Ling: come in una sorta di soap opera riveduta e corretta, la vita di una piccola comunità, quella di Ling e i suoi amici, viene messa a disposizione di un pubblico sempre più allargato e diffuso.

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Poi, un video: Vendula Knopovà ha saputo montare foto di famiglia e archivi per farne il materiale di partenza di una nuova narrazione famigliare chiamata Tutorial. L’artista, intervenendo direttamente sulle immagini originali con pennarelli e adesivi, dà vita a un universo burtoniano tanto reale quanto assurdo e stravagante. Ed estremamente divertente, lasciatemelo dire.

Finita l’esposizione al quinto piano, salgo al sesto. Qui, le immagini non sono più posizionate all’interno di cornici, come al piano inferiore, ma disposte come veri e propri murales, che avvolgono e colpiscono emotivamente il visitatore.

Per prima, la triste storia raccontata dai selfie di Melanie Bonajo: in Thank You for Hurting Me I Really Needed It, l’artista si è fotografata ogni volta che ha pianto tra il 2001 e il 2011. A un gesto istintivo e incontrollato ha quindi contrapposto una rigorosa disciplina. Il risultato sono oltre 60 immagini che mettono in collisione la tradizione della fotografia con la pratica del selfie, dando vita a un intera parete di autentici anti-selfie.

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Tra le tante installazioni, però, l’ultima colpisce la mia attenzione, forse perchè ricorda il mare e l’estate, forse perchè semplicemente stupenda: si chiama Orizzonte in Italia. L’opera, frutto di due viaggi in bicicletta compiuti da Antonio Rivaldi, il primo nel 2011, il secondo nel 2014, ritrae decine di immagini di orizzonte che, accostate tra loro, formano una linea quasi ininterrotta tra mare e cielo, racchiudendo un’intera nazione e la propria epica avventura in un immenso foto diario blu.

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La mostra finisce. Mentre sto per uscire, guardo ancora fuori. Milano è bellissima anche dall’alto. E Give Me Yesterday non poteva che essere accolta nei luminosi spazi dell’Osservatorio Fondazione Prada.