Imparare a Competere, la Scuola alla Prova delle Meritocrazia

Si discute dell’importanza del latino, di quali siano le materie prioritatie, di come incentivare gli insegnanti, di come monitorarne le performance, di come dare più autonomia agli enti scolastici.

Eppure, tra le tante cose da rivoluzionare, oltre alla meritocrazia, al collegamento tra sistema educativo e mercato del lavoro e al sistema di incentivi agli insegnanti, sembra che nel dibattito ci si stia totalmente dimenticando di una questione fondamentale: il metodo didattico.

Possiamo studiare più informatica, insegnare meglio l’inglese, fare più o meno latino o matematica, ma la scuola deve essere scuola di vita e così com’è oggi trascura la necessità di apprendere e confrontarsi con due realtà totalmente opposte che, qualsiasi lavoro si vada a fare, dalla medicina alla matematica, un cittadino prima che un lavoratore deve saper affrontare: la collaborazione e la competizione.

Se da una parte saper collaborare è fondamentale per ovvi motivi, dai rapporti familiari alla responsabilità civile (cosa sullla quale c’è molto da lavorare), saper competere è una capacità che in Italia consideriamo quasi negativa. Quando si parla di competizione, del mettersi a confronto, si ha in questo Paese un’idea malsana e sbagliata di riferimento a una sorta di battaglia quasi antropologica in cui il debole perisce miseramente a discapito del concetto di pari opportunità. É come se quando si parli di competere o di dare un incentivo basato sui risultati, si stia in qualche modo minando il diritto dei meno fortunati a poter avere un futuro dignitoso.