La Lunga Notte di Parigi e il Brusco Risveglio d’Europa

Confusione, paura, insicurezza, terrore, tragedia. Se dovessimo collezionare le parole più gettonate sui social network collegate agli attentati di Parigi iniziati ieri in tarda serata e conclusi ufficialmente poco dopo l’una, oggi rivendicati dallo Stato Islamico, queste sarebbero le più gettonate. E’ sempre così quando accade qualcosa di inaspettato che per forza di cose spezza la nostra quotidianità, spingendoci alla riflessione. Questa volta, però, non ci si chiede più come sia potuto succedere. Questa volta, mentre ancora si contano le vittime e ci si scontra con lo shock del momento, il pensiero corre subito allo stato della propria sicurezza nazionale, dopo le meste e dovute manifestazioni di solidarietà. Lo fanno i cittadini, sì. Soprattutto lo fanno i governi, quasi ci fosse una competizione per stabilire chi abbia approntato al meglio i sistemi di difesa. Con un’amara conclusione: forse non l’ha fatto nessuno, forse non lo può fare nessuno. L’Isis non solo ha colpito nuovamente la capitale francese. E’ riuscito anche nel suo obiettivo, dunque. Che non era quello di mietere un vasto numero di vittime, né quello di colpire un luogo simbolo per l’identità nazionale francese, o meglio europea vista la dimensione del fenomeno. Il terrore non punta ad ottenere una cosa sola, una ritorsione, una reazione. Non guarda in faccia a nessuno, il terrorismo. Serve all’autore a manifestare la propria presenza quale attore con cui fare i conti, ribadire la propria forza, ed è un’arma tanto efficace nel colpire in luoghi di tranquillità quanto subdola per la capacità di essere presente allo stesso tempo in un paese e nell’altro, in una comunità e nella mente dei suoi adepti.

No, non c’entra l’Islam. Lo sa chiunque abbia una minima contezza delle prescrizioni coraniche. C’entra quella che attualmente è la più grande minaccia all’occidente: il fondamentalismo religioso, di matrice jihadista. Che nella logica del Califfato non si limita a una rigorosa, folle, interpretazione e applicazione della shari’a, ma punta in alto, alla costituzione di un vero e proprio Stato e al suo riconoscimento. Lo abbiamo già raccontato sulle colonne di Smartweek, il reclutamento, lo stile di vita e gli obblighi nelle città ora controllate in Medio Oriente dai seguaci di Al Baghdadi, si rifanno ad un’obbedienza sacra e cieca ad un credo che difficilmente, noi che seguitiamo a commentare e ad aggrapparci alle giustificazioni ad ogni costo, potremo in fondo comprendere. Proviamo a traslare questo stile di vita nelle nostre città, in Europa, nel resto del mondo. Perché sì, la contaminazione su base religiosa i confini non li conosce e ne auspica anzi l’abbattimento sotto la comune bandiera dell’identificazione in un unico gruppo sociale. Ecco, immaginate le stesse credenze applicate nelle lontane, trascurate, degradate e dimenticate, mille volte dimenticate, periferie dei nostri centri urbani, da dove non giungono notizie, da dove la politica ha meno gioco nell’affermarsi. Abbiamo creato una miccia esplosiva pronta ad esplodere, che il lavoro dell’intelligence può solo contenere, difficilmente arginare.