2. Né vincitori né vinti.
Le elezioni dovrebbero sempre concludersi con una parte vittoriosa e una sconfitta. Cosa che non sembra essere accaduta in toto in questa tornata elettorale. Se il fronte separatista, da un lato, festeggiava la maggioranza in parlamento, dall’altro, il governo guidato da Rajoy festeggiava per essere riuscito a mantenere gli avversari al di sotto del 50% dei voti. Il partito anti-indipendenza Ciudadanos, invece di preoccuparsi per l’affermarsi del Junts per Si e di CUP, ha gioito dell’affermazione a seconda forza politica catalana, crescendo fino al 18%. I socialisti si sono sorpresi di non aver perso elettori, mentre il PP è finito con il consolarsi per la rinascita a livello nazionale, mantenendo l’attenzione sulle elezioni in programma il prossimo dicembre.
3. E Podemos?
Il movimento anti-austerità spagnolo non era presente sulla scheda elettorale. Tuttavia, la scelta di partecipare con altri gruppi di sinistra per formare il Catalunya Si Que Es Pot, ha portato a risultati deludenti: solo 9% dei voti ottenuti e 11 seggi in parlamento conquistati. Troppo poco visto il recente trionfo alle elezioni locali di Barcellona e Madrid e il sostegno nazionale raccolto. Capolista sconosciuti e un nome troppo ingombrante (CSQEP) hanno sicuramente rappresentato le mosse di un’azione fallimentare. Un risultato che porta inevitabilmente a fare delle riflessioni: l’entusiasmo della Spagna nei suoi confronti sta rapidamente svanendo? L’alleanza con Syriza è stata deleteria per l’immagine in campo continentale?