Lorenzo Stanca (Mandarin Capital Partner) chiama a raccolta le PMI: “In Cina c’è una forte domanda di qualità”

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L’intesa da cento milioni a sostegno delle Pmi siglata a Pechino alcune settimane fa dall’amministratore delegato della Cassa depositi e prestiti Fabio Gallia con il suo omonimo cinese, avrà sì un impatto sull’economia italiana ma non così importante come quello che avrà la One Belt One Road, la Nuova via della seta, l’iniziativa strategica promossa dalla Cina per il miglioramento dei collegamenti e della cooperazione tra paesi nell’Eurasia. A dirlo in un colloquio con Smartweek è Lorenzo Stanca Managing Partner di Mandarin Capital Partner e membro di GEI il Gruppo degli Economisti d’Impresa.

“I grandi accordi quadro firmati con la Cina avranno un impatto relativamente poco significativo sull’economia italiana. Questi protocolli di intesa avranno uno sviluppo successivo. E’ invece molto importante il risultato messo a segno dal nostro governo che ha portato l’Italia al centro del progetto One Belt One Road che fino a qualche mese fa vedeva il nostro Paese in un ruolo piuttosto marginale. Adesso viene messo un focus sul discorso marittimo coinvolgendo i porti italiani. Lo sforzo diplomatico del nostro esecutivo è stato premiato”.

L’obiettivo è quello di far crescere lo scambio commerciale tra Cina e Italia, aumentando anche i rispettivi investimenti. “In Cina – spiega Stanca  c’è una fortissima domanda di qualità.  Soprattutto in aree in cui il nostro Paese eccelle. Parliamo di health care, farmaceutica, medical devices, macchine per industrie. In quest’ultimo settore noi italiani siamo molto qualificati e in Cina hanno bisogno di questi prodotti. Devono aumentare la qualità e per farlo gli servono i migliori macchinari disponibili sul mercato. E qui entriamo in gioco noi”.

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Fare business in Cina non è però una passeggiata anche se per alcuni aspetti è più facile attrarre investimenti lì che in Italia. “Il problema è tutto culturale. C’è una difficoltà di integrazione dovuta al fatto che la maggior parte delle aziende italiane è piccola e manda poche persone in Cina a stringere i rapporti”.

Stanca non condivide la vulgata generale secondo cui il progetto One Belt One Road rappresenti l’inizio di una egemonia cinese nel mondo. “Quando si commercia si guadagna sempre in due. E’ chiaro che la Cina miri ad avere un’influenza crescente. Però…”. Però? “Però i cinesi hanno grandi problemi ad imporre la loro influenza proprio per questa loro diversità culturale di cui parlavo prima. Per un cinese andare a fare business in Italia è dieci volte più difficili. In sintesi, non temo l’egemonia cinese perché loro hanno bisogno di noi.  Inoltre la Cina è un Paese che si è affacciato al capitalismo da 30 anni scarsi e ha bisogno di accumulare esperienza”.

Stanca non crede nemmeno alla Cina come nuovo alfiere della globalizzazione al posto degli Stati Uniti. “Si tratta di una visione semplicistica. Trump ha annunciato sì un approccio protezionistico ma questo ancora non è stato messo in atto. In Cina – prosegue – si dicono paladini del libero mercato ma in realtà hanno ancora enormi problemi a liberalizzare tutti i processi. Esportare capitali al di fuori della Cina rimane ancora molto difficile. Parlare di libero scambio senza parlare di libertà di movimento di capitali non è possibile. La Cina è un paese che ha ancora molta strada da fare per votarsi a paladino della globalizzazione”.

Sbaglia però anche chi dà la Cina in crisi, come Moody’s che ha declassato il gigante asiatico. “Moody’s arriva fuori tempo massimo, un downgrade aveva senso farlo un anno fa. La Cina viene da tre anni abbastanza difficili che non riusciamo a misurare bene perché le statistiche economiche cinesi non sono abbastanza affidabili. Certo c’è un indebitamento del sistema finanziario non drammatico ma c’è. Molti fallimenti bancari sono stati risolti da salvataggi pubblici. Il Paese finanziariamente parlando ha elementi di criticità. Eppure ora sta venendo fuori da questa fase di rallentamento piano piano. Il progetto One Belt One Roard servirà anche a questo. A stimolare la crescita ed uscire dalla crisi”.

Andrea Turco