Se dovessimo stilare la classifica dei flop del 2016, ai primi posti troveremmo i sondaggisti.
I due casi eclatanti che hanno portato alla luce la scarsa affidabilità delle previsioni a campione sono stati la Brexit e le elezioni del Presidente degli Stati Uniti: non di certo due eventi da nulla. Se da una parte la Brexit ha sorpreso, con i dati che confluivano sulla vittoria del “remain” e i sondaggi che non lasciavano sperare in un esito diverso, nel caso delle elezioni di Trump qualche dubbio avrebbe potuto sorgere. In generale, tutto faceva presagire che la politica avrebbe sconvolto le nostre vite, il nostro modo di comportarci e, soprattutto, i nostri risparmi. La convinzione di fondo era che tutto ciò che di tremendo avrebbe potuto verificarsi in seguito a Brexit, Trump e referendum si sarebbe ripercosso sui nostri soldi. Ed è in questi casi che i sondaggi sembrano dover ricoprire il ruolo dei medium, dei guru che tutto sanno e che possono influenzare l’andamento della storia. Quando si parla di politica, poi, gli equilibri sono molto instabili, soprattutto se di mezzo ci sono informazioni pesanti come macigni. Chi non sembra più dare tutto questo peso ai sondaggi e alla politica è il mondo finanziario.
La finanza si basa su prospettive future, ragion per cui i sondaggi sguazzano nel cercare di dare risposte. Ma la ricerca sfrenata della notizia porta spesso a risultati non coerenti con la realtà. Se da una parte tutti noi ci siamo sorpresi per i risultati inattesi dei due grandi eventi del 2016, chi non ha battuto ciglio sono stati proprio i mercati finanziari. Investire sul mercato significa cercare di prevedere con anticipo cosa succederà in futuro per plasmare le proprie scelte, senza necessariamente dover ascoltare tutti. La media delle informazioni che abbiamo ricevuto riguardo una vittoria di Brexit, Trump e No al referendum riguardava catastrofi, perdita di posti di lavoro e in alcuni casi anche l’arrivo degli alieni.
La finanza è altro: non è un caso se l’unico sondaggio che azzecca sempre la realtà è quello che indaga la sempre crescente insoddisfazione degli individui nei confronti della politica. E da questa insoddisfazione non sono esenti di certo quelli che il mercato finanziario lo muovono. Chi investe in borsa cerca profitto, che sia con un governo o con un altro. La politica incide sempre meno sull’andamento dei mercati finanziari perché tutto quello che succede nel mondo, sul mercato finanziario è già successo prima. Le informazioni che noi assimiliamo da giornali e telegiornali, sul mercato finanziario sono già state digerite da tempo, e in alcuni casi anche risolte.
Ecco perché ai grandi eventi politici di questo 2016 non sono seguiti crolli di Borsa o panico generale. Chi doveva decidere come investire i propri soldi aveva già preventivato un esito diverso da quello che tutti si aspettavano, seguendo una delle regole fondamentali del mercato: agire prima che le peggiori notizie possano solamente sfiorare il buon andamento di un investimento. Chi non conosce la parola pianificazione non ha di certo passato un buon 2016, soprattutto se l’orgoglio da “investitore super eroe” non ha permesso di rivedere le proprie azzardate scelte.
Il 2016 è stato l’anno in cui oscillazioni giornaliere dell’ordine del 2/3% sulle Borse mondiali sono state considerate come “una giornata tranquilla” quando fino a pochi anni fa avrebbero scatenato il panico. Le situazioni di incertezza, instabilità politica e il sempre maggior peso degli algoritmi nella finanza hanno fatto sì che la volatilità sia diventata, paradossalmente, una costante. È per questo che esiti incerti di grandi eventi politici non scuotono più i mercati, che riescono ad assorbire tutte le potenziali conseguenze annullando ogni possibilità di tracollo improvviso.
Nel nostro piccolo anche noi siamo stati esempio di questo: il referendum ha seguito previsioni coerenti nel tempo. Il “No” è sembrato sin da subito in vantaggio visti i numerosi schieramenti politici a favore, che hanno trasformato il 4 dicembre in un “tutti contro uno”. Le previsioni ancora una volta errate sono state quelle rivolte alla Borsa: tra imminenti catastrofi e perdite di milioni di posti di lavoro se ne sono dette di tutti i colori. La tanto temuta instabilità politica è invece passata in secondo, anzi terzo piano per chi ha preso decisioni di investimento sul mercato italiano. Tanto che l’anno borsistico si è chiuso con una forte crescita, che ha potuto salvare il salvabile in un anno disastrato dalla situazione delle banche italiane. Il 2017 prevede una serie di importanti appuntamenti politici: finanza ed economia hanno dei validi precedenti sui quali basare le proprie previsioni.