Continua quella che sembra sempre di più una vera e propria crociata contro l’evasione fiscale in ambito digitale, in un dibattito che coinvolge chi si vede d’accordo e chi trova le misure introdotte lesive e scorrette nella loro modalità e applicazione. Oggi parliamo di quella che è ormai nota con il nome di “tassa Airbnb“, ma di che si tratta?
Occorre infatti fare alcune precisazioni, abbiamo significativamente utilizzato “sembra” perché si tratta in realtà di una tassazione che non è rivolta unicamente all’ambito digitale, bensì riguarda in generale le imposte su ogni tipo di affitto breve.
Il motivo del disguido è legato al fatto che moltissimi utenti si avvalgono di intermediari digitali, di piattaforme online (tra cui ovviamente anche l’utilizzatissima Airbnb), per poter affittare per limitati periodi le proprie abitazioni, soprattutto nei periodi estivi. Tale mossa comunque non è affatto casuale, non essendo previsto dalla legge l’obbligo della registrazione dei contratti (presso l’Agenzia delle Entrate) se di durata inferiore ai 30 giorni, e ciò si traduce con abituali e consistenti mancati pagamenti.