Quando allo spirito imprenditoriale si aggiungono tre creativi italiani, un etto di voglia di costruire qualcosa di utile e bello, entusiasmo quanto basta, una spolverata di fortuna e un pizzico di pazzia, nasce qualcosa di incredibile. La ricetta non è per uno straordinario soufflè au chocolat, ma per qualcosa di più gustoso ancora. Ostello Bello è proprio questo: la classica storia da raccontare agli amici, ma che – incredibilmente – è realtà. Tre ragazzi, tanta voglia di fare e un unico, chiaro obiettivo: creare un ostello a Milano, in città, che offra qualcosa di unico rispetto a un normalissimo posto dove dormire mentre si è in viaggio. L’aria che si respira in Ostello Bello è pazzesca: un punto di ritrovo per backpackers da tutto il mondo, famiglie in viaggio e chi più ne ha, più ne metta. Non a caso, l’attività è stata riconosciuta con premi internazionali fin dall’inizio: solo nel 2015, Ostello Bello è stato insignito dei titolo – non per la prima volta – di “miglior ostello italiano” da Hostel World, ha ricevuto il “certificate of excellence” da Tripadvisor e Yelp e rientra nella topten dei migliori ostelli al mondo del The Guardian. È una realtà dinamica e sempre in movimento: due aperture a Milano, una in Birmania a Bagan, una – a breve – a Como e “altri progetti in cantiere”, sempre in Italia. Abbiamo incontraro Carlo Dalla Chiesa, socio fondatore di Ostello Bello, per fare quattro chiacchiere.
Domanda d’obbligo per iniziare: come e quando nasce Ostello Bello?
L’idea nasce per caso nel 2009: con alcuni amici avevamo un’associazione, con la quale volevamo realizzare un bel progetto per Milano che ci tenesse occupati per tutto l’anno. Da lì abbiamo iniziato a lavorarci, ma la quantità di soldi necessari era sproporzionata alla forma dell’associazione. Abbiamo deciso di buttarci a capofitto nel progetto. A differenza del 95% degli ostelli italiani, abbiamo deciso di non creare una no profit, ma una SRL, abbiamo fatto un mutuo e il gioco è iniziato. All’inizio dovevamo essere in Bovisa, ma mentre andavamo a firmare il preliminare, ci siamo detti “continuiamo a cercare”. E ci è andata bene! Dopo aver apportato una piccola modifica al contratto (abbiamo inserito la parola “attività culturale”), il proprietario si è spaventato: cultura uguale eversione e da lì il passo all’Islam è breve. In sostanza avevano paura aprissimo una moschea – ebbene sì – nell’edificio e l’accordo è saltato. Ma è stato un gran bel colpo di fortuna, perché abbiamo trovato questo bellissimo locale in pieno centro.