Democrazia partecipata è la parola politica del momento. A Prima l’Italia, evento promosso da Laboratorio delle Idee, Connect Foundation, Il Coraggio di Cambiare, Muoviti per la Novità, il confronto tra pubblico e classe dirigente si è concretizzato. La sede della provincia di Milano, Palazzo Isimbardi, ha aperto le porte alla terza edizione di Prima l’Italia per parlare di quattro grandi temi sul futuro del nostro Paese: Lavoro, Scuola, Europa, Giustizia, Expo.
Passato ieri sera al Senato, il Il Jobs Act è entrato subito al centro della discussione. Eugenio Comincini, futuro vicesindaco della Città Metropolitana di Milano, si è detto convinto che il Trattato di Maastricht, convertitosi in Italia nel famoso Patto di Stabilità, stia strozzando la ripresa. Come sottostare a regole di bilancio stabilite nel lontano 1992? Il 3% del rapporto deficit/PIL impedisce il ricorso alla spesa pubblica, una delle possibile soluzioni per uscire dalla fase recessiva.
Un argine alla situazione riportata dai dati Istat del 28 novembre (tasso disoccupazione giovanile al 43,3%, nazionale al 13,2%) dovrebbe porlo il Jobs Act, che da gennaio promette di facilitare le assunzioni a tempo indeterminato. Al di là di tasse più leggere, Giovanni Riello, giovanissimo AD di Riello International Group e membro dei giovani di Confindustria, si chiede perché un imprenditore dovrebbe voler offrire un indeterminato piuttosto che un contratto a termine (rinnovabile fino a 36 mesi). L’indeterminato infatti, inducendo i lavoratori ad adagiarsi sugli allori, farebbe inevitabilmente calare la produttività. Riello invoca una rivoluzione culturale: il lavoro non più come diritto acquisito, ma come bene da riconquistare in un mondo altamente concorrenziale. Come? In primis, col lavoro stesso, destinato a diventare sempre più flessibile.