Il Premio Nobel per l’Economia 2018 è stato assegnato a Paul Romer e William Nordhaus, due accademici che hanno portato avanti studi sui danni macroeconomici causati dal cambiamento climatico.
La società fa largo uso di plastica perché è più leggera rispetto ad altri materiali per l’imballaggio, permettendo così di risparmiare carburante durante il trasporto; è più economica del metallo; concede maggiori gradi di libertà nel design e nella progettazione… La sua produzione è aumentata in maniera esponenziale nei corsi dei decenni, al punto che l’ammontare di plastica disperso in mare si stima aggirarsi intorno alle 150 milioni di tonnellate, decretando una vera e propria emergenza ambientale alla quale si sta cercando di porre rimedio contenendo il più possibile i danni.
La domanda fondamentale che in molti si fanno è: le plastiche biodegradabili, prodotte da sostanze naturali, potrebbero sostituire i polimeri fossili? Speriamo di sì e presto, considerando che, nonostante il diffondersi della raccolta differenziata, ogni giorno confluisce negli oceani l’equivalente di un intero tir di plastica.
La tendenza a progettare con la plastica riciclata non è una soluzione definitiva, in quanto perpetua la dipendenza globale dai polimeri fossili. Per questo suscitano un certo interesse le ricerche sulle bioplastiche realizzate con materiali naturali, in particolare quelle generate a partire da alghe.
Con l’innalzamento delle temperature delle acque si è verificato un aumento della fioritura algale negli ambienti marini, oltre all’accumulo di alghe all’interno dei sistemi idrici. Questo fenomeno è del tutto naturale, se non fosse che attraverso il versamento di micro-inquinanti nelle acque, questo fenomeno ha preso una piega che di naturale non ha più niente. Queste alghe proliferano mettendo a repentaglio la vita di pesci e piante che non riescono più a coesistere.
Per salvaguardare il futuro del pianeta, stanno nascendo diverse alternative che prevedono l’uso di alghe per sostituire le materie plastiche.
Due designer olandesi, Eric Klarenbeek e Maartje Dros , hanno sviluppato una bioplastica, a basso impatto ambientale e stampabile in 3D, a base di alghe. Si occupano anche dell’organizzazione di un’intera filiera, che va dalla coltivazione delle alghe, fino alla loro raccolta e asciugatura. A questo punto, sono pronte per essere trasformate in un filamento stampabile in 3D che può essere impiegato nella realizzazione di oggetti di uso comune come vasi, bottiglie o utensili per la cucina.
Un’altra alternativa di plastica sostenibile e biodegradabile, realizzata con ingredienti naturali, viene dalla designer cilena Margarita Talep.
Si tratta di un materiale eco-compatibile a base di agar agar, un gelificante vegetale ottenuto da alcune varietà di alga rossa, già usato anche per creare bottiglie di acqua a basso impatto ambientale e commestibili. Tra gli altri ingredienti di questo materiale innovativo, ci sono coloranti estratti dalla frutta, che donano al materiale plastico delicati toni pastello, e additivi naturali. L’invenzione della designer ha tempi di degradazione piuttosto brevi: parliamo infatti di soli due mesi durante l’estate e quattro mesi durante l’inverno. Inoltre, grazie alla sua composizione e consistenza, risulta particolarmente adatta a conservare cibi secchi, come pasta e biscotti. Rigidità, flessibilità e spessore possono ovviamente essere regolati in fase di preparazione, aggiungendo una più alta percentuale di alghe o utilizzando stampi ad hoc.
Il processo di lavorazione di questo bio-materiale risulta abbastanza semplice: è sufficiente far bollire l’agar agar a circa 80 gradi, aggiungendo coloranti e acqua. Il liquido caldo viene quindi fatto colare in alcuni stampi e, raffreddandosi a temperatura costante, assume prima una consistenza gelatinosa per poi seccarsi e diventare simile alla plastica o alla carta plastificata. Per chiudere le confezioni, inoltre, non vengono usate colle di alcun tipo ma esclusivamente calore, rendendo quest’alternativa ancora più ecologica.
Queste sono solo due proposte che vanno ad affiancarsi agli altri esperimenti tentati in tutto il mondo, con le alghe viste sempre di più come alternativa alla tradizionale plastica. Due esempi di come l’economia circolare possa portare, oltre che alla riduzione dei livelli di inquinamento, anche elevati risparmi netti.
Un grande supporto per il cambiamento dovrebbe provenire dall’uomo. Citando proprio il premio Nobel Paul Romer: “Spero che questo premio possa aiutarci a capire come gli esseri umani possano raggiungere risultati stupefacenti. Se iniziassimo a ridurre le emissioni di gas serra, resteremmo stupiti di come non sia poi così difficile, come spesso si pensa”.
Mattia Agrimano