Tra Hilary Clinton e Donald Trump c’è di mezzo un mare… di Tweet.
E’ ormai chiaro a tutti che, rispetto alle precedenti elezioni, datate 2012, i due candidati siano costretti a fronteggiare e padroneggiare, allo stesso tempo, le nuove piattaforme social, diventate uno strumento fondamentale per ottenere consensi sempre maggiori. Non a caso, i team dei due leader hanno creato nuovi profili e adottato strategie tali da permettere loro di arrivare ad un pubblico vastissimo: dai più datati Facebook e Twitter ai più moderni Instagram e Snapchat, che coinvolgono giovani e giovanissimi che si trovano per la prima volta a dover decidere – con il proprio voto – sul futuro del Paese.
Ma secondo una ricerca della Cornell University c’è di più: dallo studio analitico dei Big Data di Twitter si potrebbero addirittura prevedere le preferenze elettorali relative all’election day dell’8 novembre 2016.
La ricerca si basa su un campione di oltre 70 milioni di Tweet, pubblicati tra il 1 giugno e il 1 settembre 2016. Caratteristica dei cinguettii analizzati è la presenza, all’interno degli esigui 140 caratteri, del nome dei due candidati o delle relative citazioni (si parla in tal caso di SCGC – strongly connected giant component). Accanto a questi, sono stati considerati retweet, like e risposte ai precedenti (WCGC – weakly connected giant component).
Facciamo un esempio per capire meglio.
Se io, elettore USA, scrivessi #vote4trump – #hillaryforpresident – #stophillary2016 – #anyonebuttrump, il mio tweet verrebbe fatto rientrare nella prima categoria (SCGC). E dal mio cinguettio si evincerebbe, chiaramente, il mio “sentiment” pro-Trump o pro-Clinton (oltre che, in questo caso, i primi sintomi di un grave disturbo bipolare).
Prendendo a riferimento la prima area (SCGC), è l’imprenditore Trump a risultare favorito. La situazione cambia quando si guarda però alla seconda, la WCGC, dove, invece, è l’ex Segretario di Stato Clinton ad avere la meglio. Questo succede, pare, per due ragioni: innanzitutto, il candidato dalla folta chioma gode di una maggiore libertà quando si tratta di urlare – senza freni – le ragioni a sostegno della sua candidatura e, ancor di più, i motivi per non votare l’avversario; in secondo luogo, i sostenitori di Hillary sono meno attivi su Twitter dei pro-Trump (sempre pronti a postare, a qualunque ora del giorno e della notte e per qualunque cosa). In compenso, chi porta all’ex Segretario di Stato numerosi consensi è il pubblico generalista, non apertamente schierato per un candidato ma, per così dire, “simpatizzante”.
La cosa davvero interessante è che i risultati di questa indagine coincidono (quasi) perfettamente con il sondaggio nazionale del New York Times, rispetto al quale sembrano addirittura in anticipo di alcuni giorni.
E’ chiaro che i risultati della ricerca non siano perfetti e conservino un margine di errore pari a circa il 3%. Fatto sta che questi strumenti si confermano di fondamentale importanza per capire l’andamento della campagna elettorale. Per la certezza del risultato finale ci toccherà aspettare comunque l’8 novembre.