A più di un mese dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, l’amministrazione guidata dal 45esimo presidente degli Stati Uniti ha scosso l’intera nazione (e non solo), lasciando dietro di sé una scia di decisioni che stanno lentamente definendo la posizione degli USA. Tanti sono i provvedimenti che ci hanno lasciato a bocca aperta, anche se molti probabilmente ci sono sfuggiti. Ecco quindi i cinque atti esecutivi che hanno caratterizzato la presidenza Trump nei primi quaranta giorni.
“I media fake news non sono miei nemici, ma nemici dell’America”.
Che Trump avesse iniziato una guerra senza omissione di colpi ai media statunitensi era chiaro fin dalla sua campagna elettorale. Dopo la sua vittoria, datata lo scorso novembre e il suo effettivo insediamento a Washington a gennaio, gli attacchi alla macchina dell’informazione Americana sono continuati indiscriminatamente. Ma la scorsa settimana, in uno degli innumerevoli sprezzanti tweet, Trump si è spinto all’eccesso, etichettando i media promotori di fake news nemici degli Stati Uniti. Il presidente non ha risparmiato critiche mirate, facendo una lista delle più importanti istituzioni giornalistiche americane considerate colpevoli di fornire false notizie al pubblico: tra queste figurano nomi importanti come quelli del New York Times, NBCNews, ABC, CBS e la CNN. Alla Conferenza per l’azione politica conservatrice, Trump ha ulteriormente rimarcato la sua opposizione ai maggiori media americani:
Tenuto una sessione di strategie per la sicurezza nazionale nella sala da pranzo pubblica del suo resort in Florida.
Se c’è una cosa che l’amministrazione Trump sta facendo rimpiangere rispetto al suo predecessore Obama, al di là di simpatie politiche affini o meno, è certamente l’eleganza e la diplomazia presidenziale. Il presidente Trump sembra volersi isolare da qualsiasi etichetta e rigore politico legato al suo ruolo. Qualche settimane fa, durante un incontro con il primo ministro giapponese Shinzo Abe, Trump ha deciso che sarebbe stato più appropriato tenere il meeting nella sua residenza estiva in Floria piuttosto che alla Casa Bianca. La decisione ha scatenato non poche polemiche. La trasferta sulla east – coast sarebbe infatti costata ai cittadini americani milioni di dollari per le spese di viaggio e sicurezza. Inoltre Trump, nel corso della serata, secondo quanto riportato dalla CNN e dai presenti, avrebbe discusso in pubblico temi di sicurezza nazionale riguardanti strategie nucleari.
Ha chiesto all’FBI documenti classificati, violando le regole che proteggono l’indipendenza del Dipartimento di Giustizia.
Un’inchiesta del Times ha recentemente portato alla luce come, durante la campagna elettorale di Trump, vi siano stati contatti tra l’entourage del tycoon repubblicano e la Russia. A seguito della scoperta del Times, il capo dello staff della Casa Bianca Reince Priebus e il direttore dell’FBI Andrew McCabe hanno avuto una conversazione nella quale Priebus chiedeva a McCabe di riferire alla stampa che la storia del Times fosse una fesseria. Tuttavia la richiesta da parte della Casa Bianca è contro la legge per una serie di motivi. Primo fra tutti, le regole del Dipartimento di Giustizia vietano a Washington di discutere i dettagli di inchieste ancora in corso con l’FBI. Inoltre, la Federal Bureau Investigation non è tenuta a commentare inchieste se non vitali per i compiti presidenziali.
Il colmo è che, poche ore dopo aver chiesto all’FBI di passare documenti classificati, lo stesso presidente abbia su Twitter condannato la stessa FBI per una presunta fuga di notizie.
Si è rifiutato di condannare pubblicamente l’uccisione di un cittadino americano di origine indiana a cui un uomo aveva sparato gridando “andatevene dal mio Paese”.
La discutibile campagna elettorale di Trump contro immigrati e minoranze ha avuto un impatto non indifferente sull’aumento di crimini e abusi a sfondo razziale negli Stati Uniti. Il 24 Febbraio in un bar del Kansas un uomo ha aperto il fuoco su due cittadini americani di origine indiana: uno di loro è stato gravemente ferito, mentre l’altro ha perso la vita. L’uomo prima di sparare avrebbe urlato “andatevene dal mio Paese”. A seguito dell’accaduto il presidente Trump si è rifiutato di denunciare pubblicamente l’omicidio e di ammettere l’incidenza della motivazione razziale. Non solo. Qualche giorno più tardi, durante una conferenza stampa, Trump ha dichiarato di essere la persona meno razzista al mondo. Alla domanda della giornalista April Ryan, reporter di colore, se lui avesse intenzione di incontrare i membri del CBC, un’organizzazione formata da deputati di colore nata per affrontare i problemi della discriminazione razziale, Trump ha provocatoriamente chiesto se fossero amici suoi. La Ryan rispose di essere solo una reporter e di aver posto la domanda a solo scopo informativo.
Ha definito il sistema giudiziario una minaccia per la sicurezza nazionale.
A pochi giorni dal suo insediamento ufficiale, uno dei primi provvedimenti dell’era Trump, l’ormai celebre bando sugli immigrati, ha creato non poco scompiglio in tutti gli Stati Uniti. File di persone bloccate negli aeroporti, famiglie separate e un caos legale che nessuno sembrava essere in grado di gestire. Il provvedimento ha però provocato la pronta reazione della corte di giustizia. Una settimana fa alcuni giudici in New York, Massachusetts, Virginia, and California hanno dichiarato illegale e anticostituzionale l’ordine imposto da Trump. La risposta di Trump non si è fatta attendere. Il presidente ha prontamente twittato in merito all’accaduto definendo “L’opinione di questi presunti giudici ridicola”. Trump ha poi rafforzato la sua posizione screditando la decisione della corte di giustizia: “Cosa può fare il nostro Paese quando un giudice può fermare un bando che riguarda la sicurezza nazionale e far entrare chiunque nel nostro Paese anche coloro che hanno cattive intenzioni?”.