Longyearbyen è una cittadina situata nell’arcipelago delle isole Svalbard, all’estremo nord della Norvegia, ed è divenuta celebre otto anni fa quando proprio tra i suoi ghiacci fu inaugurato lo Svalbard Global Seed Vault, il deposito globale sotterraneo di semi che contiene il patrimonio genetico della flora di tutti gli stati del mondo.
Il deposito è un vero e proprio bunker costruito all’interno di una montagna coperta di permafrost ed è studiato per proteggere i semi da attacchi o disastri nucleari. Finora al suo interno sono state consegnate e raccolte più di 860 mila varietà genetiche provenienti da ogni angolo del pianeta che restano conservate a 18 gradi sotto zero pronte per essere prelevate in caso di necessità. Proprio in questi giorni è arrivata al deposito la prima richiesta di prelievo e la chiamata proviene da quella che è forse la zona più destabilizzata al mondo: la Siria. I continui scontri sul territorio hanno infatti compromesso gravemente la crescita e lo sviluppo naturale della flora.
Una banca dati genetica contenente le varietà locali esiste già ad Aleppo ed è funzionante ma la zona attorno è passata sotto il controllo dei gruppi armati in competizione tanto da convincere i ricercatori -che finora sono riusciti a mantenere operativo il sito ma hanno perduto gran parte delle specie conservate- a richiedere copie di backup in semi per circa l’80 % del patrimonio genetico totale. Una volta presi in consegna i semi direttamente dal museo norvegese, il Centro per la Ricerca Agricola Nelle Zone Aride (specializzato nello studio delle varietà mediterranee) ha incominciato una coltivazione intensiva in Marocco, luogo dalle caratteristiche ambientali e climatiche simili a quelle del Medioriente dove è riuscito a ripristinate le varietà perdute per poi rispedire i nuovi semi di backup al deposito Svalbard da conservare nuovamente come “campioni di sicurezza”.
Questa operazione ha permesso al team siriano di vincere il Premio Innovazione Gregor Mendel e ha evidenziato l’utilità della banca dati norvegese in relazione alla cooperazione internazionale tra dipartimenti scientifici. Il centro studi di Aleppo è minacciato ma ancora funzionante mentre la produzione diversificata e duplicata in Marocco consente ai ricercatori di continuare gli studi su tutti i campioni originali e di preservare le varietà tipiche. Un processo simile viene imitato e impiegato anche in altre aree del pianeta (come gli Stati Uniti, l’Etiopia e l’India) per testare la capacità che hanno alcune piante di adattarsi a climi nuovi e la qualità dei frutti che riescono a dare, con l’obiettivo di migliorare la produzione agricola e la resistenza stessa delle piantagioni.
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