Space Farming: L’Agricoltura Varca i Confini della Terra

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Più di 500 delle 2000 varietà di uve esistenti al mondo proviene dalla Georgia.

Pochi lo sanno, ma l’invenzione del vino sarebbe avvenuta proprio qui e ora questa terra di antichi monasteri al centro del Caucaso è pronta a portare i suoi vitigni su Marte.

Per la Georgia questo è uno dei più importanti progetti spaziali cui abbia mai partecipato. Una bella sfida per un Paese che ha nella sua storia la tradizione vinicola. La regione del Kakheti può vantare tra i migliori vini del mondo: il 60% dei vigneti della Georgia si trova proprio in quella zona e la produzione avviene ancora oggi con un metodo tradizionale detto qvevri: le bucce, i vinaccioli e spesso anche i raspi vengono fatti fermentare in grandi anfore di argilla sepolte nel terreno. Il risultato è un prodotto unico, con aromi diversi rispetto alla maggior parte dei vini del mondo.

Il nome del progetto, cui parteciperà anche l’Agenzia Spaziale Europea, è “IX Millennium”. Secondo gli studi fin qui condotti il terreno marziano potrebbe offrire le condizioni perfette per la coltivazione dell’uva. Saranno messi a disposizione un rifugio, cibo, acqua, strumenti di comunicazione, possibilità di fare esercizio, di avere interazioni sociali e servizi medici.

La sperimentazione avverrà in Georgia. A Tbilisi si è costituito un gruppo di lavoro con esperti del Ministero dell’Istruzione e della Scienza, Microsoft e Space Farms, la società che realizzerà la prima coltivazione verticale in serra per l’uva, un prototipo su cui testare le varietà e le modalità di coltivazione che in un futuro potranno trovare applicazione su Marte.

La coltivazione prenderà il via in settembre 2018, così che si possano analizzare le speciali varietà di vite che si riterranno in grado di affrontare il viaggio fino a Marte ed essere qui coltivate.

Gli investimenti dietro il cosiddetto space-farming si pongono anche obiettivi più ampi: ricreare un vero suolo all’interno del particolare ambiente di una stazione orbitante, fertilizzarlo e irrigarlo per ottenere prodotti alimentari di buona qualità capaci di mantenere in vita gli astronauti anche a milioni di chilometri di distanza Terra.

La Stazione Spaziale Internazionale, con una superficie abitabile di 350m2, può ospitare fino a sei persone anche per tempi lunghi.

Molti dei progetti che prevedono l’insediamento di una colonia umana su un pianeta del sistema solare, come la Luna o Marte, hanno fra i principali problemi da risolvere la produzione di cibo all’interno del sito. Non solo per questioni di sicurezza, ma anche per migliorare la qualità della vita e il benessere degli equipaggi in missione.

Queste coltivazioni, una volta stabilite, non fornirebbero solo alimenti ma creerebbero condizioni ambientali sostenibili all’interno delle stazioni spaziali consentendo il riciclo di ossigeno e acqua.

Gli scienziati del German Aerospace Center, hanno raccolto i primi ortaggi coltivati nella serra della Neumeyer-Station III in Antartide: senza terra, luce naturale o pesticidi, ma con acqua arricchita di sali minerali, illuminazione a led e monitorando l’anidride carbonica nella stanza. Queste condizioni controllate permettono di ottenere il massimo in termini di quantità e qualità nutrizionale dalle piante.

L’Antartide è stata scelta perché simula le condizioni di una base lunare o marziana, soprattutto per l’isolamento e le temperature rigide.

Lo scorso febbraio, in Oman, è partito il progetto internazionale HortExtreme che vede cinque astronauti impegnati nella preparazione di future missioni su Marte. Fra le tante attività oggetto di studio è compresa anche la ricerca alimentare. Durante la missione, infatti, gli astronauti si troveranno a dover gestire un orto di 4m2 coltivato con quattro specie di microverdure.

Realizzato dall’ Agenzia Spaziale Italiana, ENEA e l’Università di Milano nell’ambito di un programma di sperimentazione sulla biologia delle piante, il progetto è pensato per garantire un corretto apporto nutrizionale ai membri dell’equipaggio, consentendogli di godere di un’alimentazione sana e di qualità.

È chiaro come tutte queste attività di ricerca saranno in grado di fornire elementi tecnologici da cui trarrà vantaggio la tecnica agronomica relativa alle colture protette e alle applicazioni più avanzate sul suolo terrestre.

Lo space-farming apre a uno scenario popolato da eventi che sfidano il senso comune, perché nello spazio la nostra millenaria esperienza di sopravvivenza non vale più nulla.

 

Mattia Agrimano