Era il 1950 quando in un’Italia fortemente provata dal secondo dopo guerra, in cui la povertà dilagava indistintamente da Nord a Sud ci fu la più grande emigrazione verso l’Australia. Da due anni a questa parte però quel record è stato abbattuto perchè gli italiani ne hanno stabilito uno nuovo. Secondo il rapporto di Australia Sola Andata, infatti, al giugno 2014 si contano oltre 22mila italiani nella terra dei canguri. Il dato è sorprendente se consideriamo che c’è stato un incremento del 62% negli ultimi 24 mesi e del 19% dal giugno 2013. Gli italiani approdano in Australia con tre tipi di visto: il Working-Holiday, il Visto Studio e il Visto Sponsor (457).
Working-Holiday, tra un lavoro e una vacanza.
Il Working-Holiday, vacanza-lavoro, può essere richiesto da persone in una fascia d’età che va dai 18 ai 30 anni, ha una durata di 12 mesi ed è rinnovabile per altri 12 se si lavora un minimo di 88 giorni nelle farm. Nella classifica dei paesi europei che richiedono questo tipo di visto l’Italia si trova al secondo posto dietro solamente a Cipro mentre, per quanto riguarda il rinnovo, è la capofila con il 20% seguita da Francia (12%) e Germania (7%).
Il governo australiano premia con il rinnovo del visto chi compie almeno 88 giorni nelle farm, le classiche aziende agricole dell’outback australiano. In queste aziende si svolgono mansioni che vanno dalla raccolta della frutta e della verdura alla gestione del bestiame e spesso, essendo lavori poco invitanti per gli australiani, si viene retribuiti abbastanza bene con salari che oscillano da un minimo di 10 ad un massimo di 25 dollari all’ora. Per chiunque decidesse di partire alla volta della terra dei canguri e volesse avventurarsi nelle farm esiste quella che viene considerata la “bibbia” del settore, la National Harvest Guide che consiglia l’azienda agricola e il tipo di raccolto a seconda del periodo dell’anno.