Schietta, appassionata e ottimista: questa è Chiara Beretta Mazzotta, non solo creatrice di un famoso blog dedicato a cultura e libri, Bookblister, ma anche fondatrice di Punto&Zeta, un’insolita agenzia editoriale, pubblicista per Meridiani e speaker per Radio 105 con la rubrica “Libri a Colacione”, trasmessa tutti i sabato mattina alle 9:30 durante “Tutto Esaurito”, celebre programma radiofonico condotto da Marco Galli. Abbiamo avuto l’opportunità di scambiare quattro chiacchiere con lei e di farci raccontare la sua vita, dai banchi di scuola al successo ottenuto in campo editoriale.
Come nasce la tua passione per i libri?
“Non nasce, c’è sempre stata. La risposta penso sia banale: se vivi in una casa dove ci sono libri, dove vedi tua madre e tuo padre con il comodino pieno di testi, la consideri un’attività quotidiana come tutte le altre, come guardare la tv o lavarsi i denti (ride). Poi, lo ammetto, sono nata fortunata. Nella mia scuola, sin dall’asilo, le maestre facevano portare un libro ad ogni alunno per formare una piccola biblioteca di classe. Il che vuol dire: 20 bambini, ogni bambino portava un libretto e in cambio ne aveva altri 19 da leggere. Stessa situazione alle elementari e alle medie. Ho avuto anche professoresse magnifiche, ricordo la mitica Valdenassi che, purtroppo, non ho mai avuto occasione di rincontrare. Lei leggeva libri in classe, ma lo faceva con una passione tale che riusciva a coinvolgere tutti. Da lì, a pensare di lavorare nell’editoria, ne sono passati di anni! Però si, leggo da sempre”.
Prima di passare all’editoria, hai lavorato in tanti altri campi. Quando hai capito che quello che poteva essere un semplice hobby, in realtà, poteva trasformarsi in un vero e proprio lavoro?
“Partiamo dagli inizi. Frequentavo ancora le medie: avevo deciso che da grande sarei diventata una psicologa. Finisco il liceo e mi iscrivo alla facoltà di psicologia. Ma, arrivano il secondo e terzo anno e comincio ad avere dei dubbi. Ho iniziato il tirocinio, ho avuto la fortuna di trovare uno psicologo che permetteva agli studenti di fare pratica, con il consenso del paziente, ovviamente. Stavo lì, come un gufo sullo sgabello, ad ascoltare le sedute. Ho trascorso 3 anni in quello studio. Il primo anno grande entusiasmo, il secondo paura, il terzo: panico totale. Avevo capito che quello non era il lavoro che faceva al caso mio. Dopo aver studiato una vita intera, con sforzi e sacrifici, economici ma non solo, avevo capito che la psicologia non era la mia vocazione. La mia famiglia, ovviamente, l’ha presa benissimo (ride). Saputa la notizia, mi hanno detto: va bene, fuori di casa. E lì, si è rotto quel qualcosa che, in realtà, è stata poi la mia fortuna. Ho cominciato a fare svariati lavori. Sono partita da un’agenzia immobiliare e sono arrivata al cinema. Un giorno, un mio caro amico mi dice: Guarda Chiara, c’è un regista che cerca un’assistente. Sono andata a lavorare per lui, mi pagavano anche abbastanza bene. Così, ho cominciato a lavorare sulle sceneggiature. Nel frattempo leggevo dei libri, soprattutto in lingua inglese e francese, per alcuni editori e compilavo per loro delle schede di lettura, un lavoro abbastanza infame, diciamocelo, all’epoca ti davano solo 40 mila lire a scheda. Però, per me era un lavoro abbastanza semplice: dovevo solo scrivere se quel libro era bello o meno. Infine, dopo varie peregrinazioni, sono finita a lavorare in un service editoriale (collettivo di professionisti, da traduttori a correttori, in grado di svolgere mansioni indispensabili per la vita di un prodotto culturale di tipo editoriale, sia esso un libro, una rivista, un ebook, un sito web o un portale, ndr). Ho cominciato come correttore di bozze, si parte sempre da lì. Qui ho cominciato a scrivere pezzi e conoscere persone: ho preso confidenza con diverse figure del settore, dagli editor ai traduttori, dagli agenti letterari agli scrittori. Lì, è nata l’idea di aprire una mia agenzia: Punto&Zeta”.
Nel 2006, appunto, nasce Punto&Zeta, un’agenzia editoriale fondata da te e Pepa Cerutti. Come hai conosciuto Pepa? Quali le peculiarità di questa attività?
“Pepa l’ho conosciuta seguendo i corsi di Raul Montanari, uno scrittore bravissimo e direi perfetto per insegnare la scrittura narrativa a chiunque. È spietato ma riesce veramente a farti capire come si lavora sui testi. Tra i vari corsisti, c’era appunto Pepa: abbiamo fatto molti anni di lezione insieme, abbiamo perfino scritto un libro a quattro mani, ma non per velleità. Ogni volta, per il corso, dovevamo scrivere dei racconti e noi, al quarto anno, stanche di scrivere brevi narrazioni, abbiamo pensato: Perché non scrivere un libro insieme?. Poi, quando ho iniziato a pensare di creare un’agenzia in proprio, la prima persona a cui ho pensato è stata lei.
Le peculiarità di questo mestiere, invece, sono diverse: è un lavoro strano, che ha dei tempi molto lunghi, dallo scrittore alla pubblicazione passano mesi e mesi. Ma è un lavoro anche gratificante, soprattutto quando vedi il libro che hai letto e fatto andare avanti, stampato e messo lì, sulla mensola. Non è ovviamente come l’economia, con calcoli, budget e tanti altri fattori, il mercato dell’editoria è diverso, è un settore creativo con tanti margini, dai professionisti ai cialtroni, purtroppo”.
Quando e come nasce, invece, Bookblister?
“Dico sempre che Bookblister è stata un’invenzione di mio marito, stanco di avermi tra i piedi quando c’erano in tv le partite di basket (ride). Scherzo, ovviamente. Ero a casa da diverso tempo, avevo lasciato l’ufficio perchè avevo da poco avuto una bimba. Cercavo di lavorare da remoto, di fare il possibile, ecco. Se prima ero abbastanza libera, sempre in movimento, con l’arrivo di mia figlia i miei tempi si sono, ovviamente, adattati ai suoi. Sentivo il bisogno di uno spazio tutto mio, un luogo dove poter scrivere di editoria, dove la memoria dei libri venisse conservata: così è nato Bookblister. Ho sempre seguito questo blog da sola. Da un anno e mezzo, però, c’è un mitico webmaster, Tribit, che ha dato una faccia completamente nuova a Bookblister, ha dato una struttura più fruibile al sito, che conta oggi più di mille pezzi. Il mio blog è, ovviamente, anche uno spazio dove mi toglio qualche sassolino dalla scarpa, oltre che un posto dove consiglio libri. Il tentativo è, però, di non dire quello che dicono tutti. I primi 10 libri in classifica li trovi dappertutto ma, in realtà, il mondo è pieno di libri. Lo scorso anno sono stati pubblicati 65 mila titoli, di quei 65 mila, alcuni sono fuori classifica perchè orripilanti, altri sono in classifica nonostante la loro oscenità ma, ce ne sono altrettanti bellissimi, italiani, che oggi sono sconosciuti alla maggior parte dei lettori. Questa qui è la mia nicchia”.
Il rapporto tra editoria e social è virtuoso o vizioso?
“Ti rispondo così: l’editoria oggi non fa innovazione. È l’unico settore che ancora non è cambiato. Ed è il motivo per cui, se non lo farà, morirà. È cambiato il modo di scrivere i libri: mi vengono in mente Wattpad o tutte queste forme di crowdfunding in cui l’autore scrive e pubblica grazie ai fondi ricevuti dai lettori, c’è il settore della scrittura che si sta molto innovando. La lettura, invece, è rimasta molto stabile nel tempo: leggere un libro nell’Ottocento e leggere un libro oggi non è molto differente. Però, l’editoria deve comunque fare innovazione. E fa fatica. I social vengono di solito usati dagli editori così: domani esce un libro, oggi creo un evento su Facebook per promuoverlo. Beh, questo non porta a nulla. Il CEPEL, uno degli organi più inutili che abbiamo in Italia, che dovrebbe occuparsi della comunicazione del libro, comunica pochissimo su Twitter e Facebook. Abbiamo degli strumenti pazzeschi da utilizzare per raccontare delle storie ma non li si utilizzano a dovere. Dall’altro lato, però, ci sono delle persone che sanno sfruttare benissimo la tecnologia. Ad esempio, SEM edizioni, create da Cavallero, vendono il libro, l’audiolibro e l’ebook. Questa è una cosa che mi piace. La gente non legge più i libri alla stessa maniera. Io leggo sull’Ipad, ascolto un audiolibro in metro, torno a casa e leggo il cartaceo. Il mondo continuerà a cambiare. Il problema più grosso dell’editoria, secondo me, è nella frase: la cultura non paga. Questa convinzione va sradicata. La cultura, invece, deve pagare. Se il grande calderone della gratuità verrà demolito, allora ci saranno fondi, persone più volenterose, eventi organizzati meglio e soldi per fare investimenti, finalizzati all’innovazione. La cultura deve diventare innovazione”.
Oggi non solo scrivi per Meridiani ma hai anche un tuo spazio chiamato “Libri a Colacione” in Tutto Esaurito, il programma mattutino di Marco Galli su 105. Quali però i piani per il futuro?
“Bella domanda (ride). Piani per il futuro. Allora, io ho bisogno di imparare sempre, tanto. Cerco di capire e leggere quanto più posso. Questo il primo piano. Poi, Punto&Zeta. Adesso stanno avvenendo cose nuove: finalmente abbiamo uno spazio dove poter condividere nuove esperienze, organizzare presentazioni differenti, diciamo una convivialità intorno alle diverse storie. Cercare di fare in modo che l’agenzia sia sempre più solida e che gli autori siano sempre più contenti. Questo vuol dire: poco lavoro ma buono, grazie al cielo non ho bisogno di una folla di scrittori, anzi, pochi, buoni e seguiti bene”
Consiglio dell’esperta: quale lo scrittore emergente che va assolutamente letto oggi?
“Fammi pensare un attimo. Leggendone tre a settimana, diventa difficile. Sicuramente un italiano, anzi, degli italiani. Direi Silvia Greco, Gabriele di Fronzo e Giovanni Gastel Jr, questi tre sono da leggere assolutamente. Poi, Carlo Gabardini, lui è l’esordio che non ti aspetti, testimonianza che anche i vip sanno scrivere bene. Non posso non nominare Mario Pistacchio e Laura Toffanello: sono già al secondo libro ma dimostrano che la grande fatica non è esordire ma sapersi ripetere. Loro ce l’hanno fatta. Ultima, ma non per importanza, Enrica Tesio che, tra l’altro, adesso è anche al cinema. Della serie: pop è bello”.