Il 5 maggio sono scesi in piazza a Torino migliaia fra allevatori e consumatori insieme a operatori dell’industria, del commercio, della ristorazione, cuochi e gourmet per la “Giornata della carne” indetta dalla giunta nazionale di Coldiretti.
La manifestazione nasce con lo scopo di sfatare gli “allarmismi infondati e mode pericolose” che negli ultimi tempi stanno circondando il consumo della carne.
Un’occasione per difendere le ragioni del 90% di italiani che mangiano carne e per parlare del reale impatto sulla salute, ambiente ed economia della carne italiana.
Secondo quanto emerge dal dossier “Braciole alla riscossa” infatti il 7,1% degli italiani si dichiara vegetariano mentre la percentuale di vegani ha raggiunto l’1% nel 2015 per un totale dell’8% di persone che non mangia carne, una percentuale in sostanziale aumento rispetto all’anno precedente (erano complessivamente il 5,9%). Molti hanno deciso di intraprendere il percorso vegetariano per motivi di salute o etici, molti altri hanno dovuto tagliare sul consumo della carne per colpa del crollo del potere d’acquisto.
La rivincita della carne
Secondo quanto riportato sul dossier di Coldiretti la carne sarebbe non solo un alimento molto salutare, ma addirittura essenziale per un’alimentazione sana ed equilibrata.
“La carne e i salumi rappresentano importanti fonti di proteine ed altri micronutrienti solitamente assenti (vitamina B12) o poco rappresentati (zinco, selenio, B2, PP) o scarsamente disponibili (ferro) nei prodotti di origine vegetale. Un alimento importante soprattutto per i bambini con la carne che è uno dei primi cibi che si può introdurre a partire dal periodo di svezzamento perché è fonte di nutrienti essenziali alla crescita ed è anche facilmente digeribile.”
Eppure, solo qualche mese fa, le testate giornalistiche e i principali siti d’informazione online riportavano con toni allarmati (in molti casi addirittura drammatici ) la notizia per cui il consumo di carne rossa sarebbe una possibile causa dell’insorgere di tumori.
L’International Agency for Research on Cancer (IARC) dell’Oms affermava che le carni lavorate come i wurstel “sono cancerogene”, e vanno inserite nel gruppo 1 delle sostanze che causano il cancro a pericolosità più alta, come il fumo e il benzene. Mentre le carni rosse non lavorate sarebbero meno a rischio ed andrebbero inserite fra le “probabilmente cancerogene”.
In realtà l’evidenza di un legame fra il consumo di carne e alcuni tipi di tumore – in particolar modo quello all’intestino- era già stato evidenziato e supportato da decenni di letteratura scientifica e ricerche.
Nonostante ciò, l’annuncio dello scorso ottobre segna un punto cruciale, in quanto la decisione dell’IARC, basata su uno studio di oltre 800 casi, influisce notevolmente sui governi ed i regolamenti internazionali.
Nessuna sorpresa se, a questo punto, i consumatori si ritrovino più confusi che mai.
Non si può nemmeno dire che sia colpa loro, visto che a distanza di pochi mesi sono stati inondati da informazioni contrastanti, tutte apparentemente supportate da ricerche scientifiche e dati rilevanti.
Come ci si può fidare o semplicemente dare un minimo di credito a tutti questi canali di “informazione” che riversano sui consumatori ogni giorno una verità diversa?
È necessario fornirsi di molto senso critico ed opporre un’estensiva ricerca personale alla facile tentazione di credere a qualunque cosa ci venga detta.
Dunque: carne sì o carne no?
È sotto agli occhi di tutti che il consumo della carne non sia necessario per un’alimentazione sana ed equilibrata. Secondo l’American Dietetic Association infatti “appropriately planned vegetarian diets, including total vegetarian or vegan diets, are healthful, nutritionally adequate, and may provide health benefits in the prevention and treatment of certain diseases”.
Inoltre, un altro dato di fatto è che un consumo eccessivo di carne rossa porti a conseguenze negative sulla salute umana .
Solo quarant’anni fa le famiglie mangiavano carne non più di una volta a settimana, durante il pranzo della domenica. Dunque, per quanto gli allevatori e Coldiretti lamentino un crollo nei consumi, questo trend negativo è in realtà auspicabile in quanto non rappresenta una “regressione” ma un riallineamento dei consumi con una dieta più equilibrata dal punto di vista proteico.
Al tempo stesso però, non bisogna essere portati a credere che vegetariano significhi automaticamente sano. La parola chiave qui è “correttamente pianificato” il che comporta il rispetto delle linee guida del ministero della salute sulla nutrizione e il consumo giornaliero raccomandato dei diversi micro e macronutrienti.
Il problema principale della dieta vegetariana “fai-da-te” è quello di andare incontro a carenze di componenti importanti per l’organismo, come proteine, ferro (con conseguenti anemie) e, nel caso di una dieta vegana, anche calcio e alcune vitamine (D e B12, la cui mancanza può comportare anemia, vertigini, difficoltà di concentrazione, perdita della memoria, debolezza).
Per chi cercasse più informazioni in merito alla dieta vegetariana ed ai suoi benefici, può trovare un articolo molto informativo al seguente link.
O fare riferimento al sito di riferimento “Vegetarian Resource Group”.