Cina: l’Efficacia di Target Vincolanti per la Sostenibilità Ambientale

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È facile pensare che la Cina non abbia interesse nel partecipare allo sforzo comune di mitigare il danno ambientale. In molti però rimarrebbero stupiti dall’intimazione che già il precedente premier, Wen Jiabao, fece ai funzionari locali: ricorrere al “pugno di ferro” nel perseguire i target di riduzione dell’intensità energetica. Si tratta di target stabiliti sulla base di consecutivi piani quinquennali e il loro raggiungimento è talmente enfatizzato che da esso dipendono le stesse carriere dei funzionari. Non è facile trovare un paese occidentale che rivesta di altrettanta importanza i propri obiettivi sulla sostenibilità.

Per quanto il regime amministrativo cinese sia autoritario, l’esecuzione e il raggiungimento degli obiettivi segue un modello fortemente decentralizzato, delegando grandi responsabilità agli amministratori locali. Sono essi a rispondere a Pechino del raggiungimento di target energetici obbligatori. E, come sottolinea un funzionario di livello distrettuale, “se non raggiungi i target di risparmio energetico per due anni di seguito, non c’è neppure bisogno che attendi la tua valutazione, puoi direttamente abbandonare la carica” (Lo, Kevin. China’s low-carbon city initiatives: The implementation gap and the limits of the target responsibility system. Habitat International. 2014, Vol. 42.).

Alla luce delle pressanti preoccupazioni della popolazione, degli scandali legati all’inquinamento e degli impegni presi a Parigi, il tredicesimo e più recente piano quinquennale ribadisce l’impegno governativo nel fronteggiare la crisi ambientale. Cosa ancor più rilevante, i target dei piani precedenti sono stati in grande parte raggiunti confermando un trend positivo. Ma questo sistema non è privo di debolezze, a volte tali da indebolire la consistenza di questi dati ufficiali.

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Essendo la responsabilità sul raggiungimento degli obiettivi del singolo funzionario, esso non ha nessun interesse nel riportare un fallimento a un superiore; è piuttosto favorito l’imbroglio. A sua volta, il superiore non ha incentivi nello smascherare gli inganni dei sottoposti o sarà costretto a rendere conto a Pechino di un mancato conseguimento. Così, dal livello di contea risalendo fino a quello di provincia, i dati riguardanti le performance energetiche e ambientali possono venire manipolati in modo da prevenire ripercussioni negative dovute all’inadempimento. Questo risulta meno costoso che il lavorare a un’effettiva implementazione nel breve lasso di tempo di un mandato. La rotazione dei funzionari pubblici infatti è la norma e il fatto che essa dipenda dalla loro performance crea incentivi per azioni che hanno risultati nel breve periodo ma non necessariamente sono ottimali nel lungo termine.

Questo causa un secondo problema di disallineamento di interessi che spesso porta a azioni drastiche. Nella fretta di rispettare i target trascurati, gli enti governativi possono imporre la totale chiusura di stabilimenti e attività inquinanti negli ultimi periodi prima della valutazione in contrapposizione a un’implementazione omogenea nel tempo. È il caso delle province di Hebei, Anhui e Guanxi quando la fornitura di elettricità viene improvvisamente e severamente ristretta, sia per le imprese che per le abitazioni o le strutture pubbliche, fino a portare a produttività ridotta e instabilità sociale (1). Nella municipalità di Datong, il sindaco ha semplicemente fatto trasferire gli stabilimenti più inquinanti sotto un’altra giurisdizione (Kostka, Genia. Command without control: The case of China’s environmental target system. Regulation & Governance. 2016, Vol. 10).

Queste considerazioni però non devono conferire un’accezione unicamente negativa al sistema di amministrazione della sostenibilità cinese. Semplicemente il fatto che esso si basi su target vincolanti dà una chiara indicazione sull’importanza che Pechino ha deciso di dare alla questione ambientale. In questo modo essa è forzatamente inserita tra le priorità di ogni amministrazione locale dove altrimenti faticherebbe a competere con una –pur sempre troppo forte- totale tensione verso lo sviluppo economico a ogni costo. Affrontando il complesso di incentivi inappropriati e lavorando alla capacità di implementazione a livello subnazionale, le potenzialità di una struttura dotata di tale discrezione amministrativa potrebbero portare a conseguire risultati con un’efficacia sconosciuta al complesso equilibrio tra interessi occidentale.

 

Bianca Thiglia