Una luce in fondo al tunnel. E’ quella che danno i volontari della cooperativa sociale Angel Service ai detenuti ed ex detenuti delle carceri milanesi in cerca di riscatto.
L’associazione, nata nel 2004 a Milano, porta avanti numerosi progetti per reinserire nella società tossicodipendenti, alcolisti ed ex condannati.
Un compito oneroso e nobile e di grande impatto sociale. Si stima infatti che tra i detenuti che non svolgono programmi di reinserimento la recidiva sfiori il 90% mentre tra i detenuti che seguono questo percorso la recidiva si riduca alla soglia del 10%(dati Associazione Antigone).
Forti di questi numeri i volontari di Angel Service insieme all’agenzia di comunicazione Contatto C e con la collaborazione della Casa Circondariale San Vittore di Milano hanno ideato UNkOde, “progetto finalizzato al reinserimento sociale e professionale di giovani detenuti ed ex detenuti attraverso l’acquisizione di competenze ed esperienze nella produzione di capi di abbigliamento”.
Il primo passo è stato allestire all’interno della Casa di reclusione di Bollate un laboratorio creativo e di produzione abbigliamento e accessori destinato a detenuti ed ex detenuti “giovani adulti” (dai 18 ai 26 anni).
L’intento che sta alla base del progetto è “dare nuove competenze ai giovani, che nutriranno la consapevolezza nelle proprie capacità e proveranno una tangibile soddisfazione nella produzione di capi di qualità, più gratificante dell’apparente scorciatoia che li ha illusi e li ha portati alla segregazione in cella”.
Perché UNkODE?
Dietro al nome del progetto si cela una vera e propria strategia di comunicazione.
“UNkODE è un neologismo con una voluta assonanza con il termine uncode (senza codice in gergo) e fonde le parole unknown (sconosciuto) e code (codice), e vuole significare: codice sconosciuto, senza codice. L’interpretazione è duplice: senza codice indica un comportamento che non segue le regole, non ubbidisce alle leggi che gli vengono imposte e nello stesso tempo difende la specificità della persona, che nelle strutture detentive come nella società rischia spesso di diventare solamente un numero, un codice”.
Anche il logo è frutto di un lavoro ben studiato. Scelto attraverso un concorso svolto nella primavera del 2010, il logo di UNkODE è stato ideato da Adrian Tubetano, un giovane tatuatore ecuadoregno che si è ispirato alla pianta del carcere, schematizzandola in una raggiera. Una scelta non casuale, basata dall’idea del Panopticon , “che fa vedere tutto”, teorizzata dal giurista e filosofo inglese Jeremy Bentham, “ovvero una struttura che grazie alla forma radiocentrica dell’edificio permette di controllare i detenuti in ogni momento da un solo osservatore posto al centro”.
“I detenuti – si legge sul sito – non potendo sapere se sono osservati o meno, vengono quindi portati alla percezione di un’invisibile onniscienza da parte del guardiano, che li porterebbe a seguire le regole come se fossero osservati sempre. L’induzione ad un comportamento corretto, entrando nella mente dei detenuti come unico modo di comportarsi, ne modificherebbe così indelebilmente il carattere riportandoli ad uno stile di vita onesto”.
Insieme ad UNkODE è nato anche un contest musicale etico e sociale “The Unkodevoice – Non trasgredire canta la legalità“, rivolto agli studenti degli istituti milanesi e volto a diffondere fra i giovani i valori della legalità. Il contest è giunto alla seconda edizione.
A corredo del progetto è stato realizzato anche un video musicale “Cut it out”, in cui alcuni detenuti parlano del loro riscatto sociale grazie al supporto di UNkODE.