L’anno 1979 in Iran è noto per gli sconvolgimenti che portarono alla caduta della monarchia, all’esilio dell’allora scià di Persia Mohamed Reza Pahlavi e all’instaurazione della Repubblica islamica guidata dall’ayatollah Ruhollah Khomeini. All’epoca l’attenzione venne focalizzata dalla crisi degli ostaggi di Teheran e dal violento antiamericanismo e antisionismo professato dal nuovo governo, e non vennero presi troppo in considerazione i cambiamenti che avvennero nella società iraniana col passaggio da un regime all’altro. Al di là del mutamento degli assetti geopolitici del Medio Oriente e la crescita dell’islamismo di cui il trionfo della Rivoluzione islamica fu foriero, anche la vita dei singoli cittadini mutò con l’imporsi del nuovo governo.
La Persia dello scià aveva vissuto nei vent’anni prima della scoppio della rivoluzione una serie di cambiamenti epocali: nel 1962 Reza Pahlavi dette il via ad un vasto programma riformista noto come Rivoluzione bianca mirante alla modernizzazione del paese. Tale programma prevedeva, tra le altre cose, l’eversione della feudalità, la ridistribuzione delle terre, la nazionalizzazione delle foreste, la privatizzazione di alcune imprese governative, la creazione di un sistema di istruzione universale, gratuito e obbligatorio, l’istituzione di un sistema sanitario che coprisse tutta la popolazione, e l’estensione del diritto di voto alle donne e la possibilità che venissero elette in parlamento. Un simile pacchetto di riforme andò inevitabilmente ad intaccare i privilegi della nobiltà iraniana, colpita dall’eversione della feudalità, e del clero islamico sciita, gli ulema, che vedevano nella modernizzazione e nell’occidentalizzazione del paese una minaccia verso la religione islamica. Per quanto concerne la condizione delle donne, il nuovo diritto di famiglia (la legge di protezione della famiglia) promulgato nel 1967 e ampliato nel 1975 limitò fortemente la poligamia e difese l’istituto giuridico del divorzio imponendo ai mariti di attenersi alle procedure giuridiche dello Stato e vietando la possibilità che la sharia garantiva agli uomini di ripudiare la moglie semplicemente dicendole tre volte “io ti ripudio”. L’età minima per il matrimonio da 15 anni venne alzata a 18 anni nel 1975. In questo campo le politiche seguite dallo scià furono la naturale prosecuzione del solco tracciato dal suo predecessore Reza Shah, che già nel 1936 aveva messo fuorilegge il velo e aperto le università alle donne.
La politica fortemente repressiva dello scià di Persia, che agiva con estrema brutalità contro ogni opposizione per mezzo della Savak, la terribile polizia segreta, l’appoggio garantitogli dagli Stati Uniti e da Israele, la crisi economica e l’occidentalizzazione dei costumi in un contesto ancora fortemente ancorato all’Islam sciita provocarono sul finire degli anni ’70 un vasto movimento di protesta composto sia dalla sinistra iraniana che dai fondamentalisti religiosi, movimento che inizialmente Reza Pahlavi credette di poter fermare con la semplice repressione. Ben presto però si rese conto della fallacia delle sue previsioni, e nell’estremo tentativo di salvare la monarchia decise di consentire il rientro in patria del chierico ribelle Ruhollah Khomeini, il cui ritorno fece sì che la componente islamista prevalesse sulle sinistre in quella che si accingeva a diventare la Rivoluzione islamica. Nel febbraio del 1979 la situazione si fece incontrollabile e Reza Pahlavi si rifugiò con la sua famiglia negli Stati Uniti, dove sarebbe morto di cancro qualche anno dopo. Era l’inizio della Repubblica Islamica dell’Iran.
Nonostante la massiccia partecipazione femminile alla Rivoluzione e il fatto che le donne potessero continuare a frequentare l’università, con il ritorno della sharia i loro diritti vennero mutilati in diversi ambiti. Innanzitutto, Khomeini abolì la legge di protezione della famiglia del 1967, l’età legale per il matrimonio venne abbassata a 9 anni e per le donne sposate ci fu il divieto di seguire una regolare istruzione, nelle spiagge e nelle attività sportive ci fu una segregazione per sesso, l’hijab venne imposto per legge sul posto di lavoro, il ruolo di giudice venne precluso alle donne. L’adulterio dopo il 1979 divenne un crimine punibile con la lapidazione, esattamente come avere rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, mentre la poligamia venne ripristinata. Ancora oggi, nonostante alcune migliorie in singoli ambiti, la condizione della donna in Iran è contraddistinta dalla sistematica violazione dei suoi diritti.