Fare ricerca è un lavoro che richiede un’immensa passione, a causa delle lente progressioni di carriera, dei salari non allettanti (neanche nei paesi piú blasonati) e degli orari di lavoro che non conoscono routine. Una zona oscura di questa occupazione è data dall’attività di peer review, perno fondante della scienza moderna che consiste nel verificare la riproducibilità di un esperimento. Per accertare ciò, ogni ricercatore deve inviare il testo frutto delle proprie ricerche ad una rivista, che sottopone il lavoro a piú reviewer indipendenti per controllare che i risultati non siano stati inventati di sana pianta, e siano anzi affidabili.
Ebbene, la peer review è un’attività alla quale si prestano piú o meno volontariamente milioni di ricercatori ogni giorno e dalla quale dipende la reputazione della Scienza con la esse maiuscola. Tuttavia, non essendo retribuita, rimane ancora fondamentalmente un’opera di volontariato. C’è di piú: siccome l’indipendenza e insindacabilità del giudizio di un reviewer sono garantiti dal suo anonimato, non c’è fisicamente nessun modo per uno scienziato di veder trasformare i propri sforzi in un riconoscimento almeno pubblico della propria autorevolezza. Questo fino ad ora.